Consiglio di Stato 2025- Il Consiglio di Stato, ha accolto l'appello presentato dal ricorrente, riconoscendo la fondatezza dei motivi esposti. Il nodo centrale della questione riguarda la motivazione della sentenza di primo grado, la quale si era focalizzata sul diritto dei concorrenti sovrintendenti capo di mantenere la propria sede, un aspetto che non era stato sollevato dal ricorrente. Quest'ultimo, infatti, aveva contestato specificamente la fase successiva alla scelta delle sedi da parte dei sovrintendenti capo, in particolare quella relativa alla scelta delle sedi residue da parte degli altri idonei.
La sentenza impugnata ha omesso di considerare la questione cruciale del criterio utilizzato dall'Amministrazione nella scelta delle sedi residue. È emerso che l'Amministrazione ha applicato un criterio basato sulla posizione in ruolo, assegnando priorità ai vincitori di concorso provenienti dall'aliquota “a” rispetto a quelli dell'aliquota “b”. Tuttavia, il ricorrente sosteneva che sarebbe stato più corretto seguire l'ordine della graduatoria di merito, un aspetto fondamentale che non è stato affrontato nella motivazione della sentenza di primo grado.
Di conseguenza, il Consiglio di Stato ha ritenuto che la motivazione della sentenza fosse apparente, poiché non si poteva dedurre alcun "implicito rigetto" dei motivi di ricorso non esaminati. La decisione ha quindi evidenziato una mancanza di completezza e di rigore nell'analisi delle questioni sollevate dal ricorrente, portando all'accoglimento dell'appello.
Concludendo, il Consiglio di Stato ha annullato la sentenza appellata e ha rinviato la causa al giudice di primo grado per un nuovo esame, ribadendo l'importanza di un'analisi esaustiva dei motivi di ricorso. Inoltre, ha condannato il Ministero alle spese del giudizio, riconoscendo che la parte ricorrente ha diritto al rimborso delle spese sostenute per questa fase del contenzioso. Questa decisione sottolinea l'importanza di una motivazione chiara e completa nelle sentenze, affinché le parti coinvolte possano comprendere appieno le ragioni delle decisioni giuridiche e, se necessario, ricorrere adeguatamente.
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