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Principio di diritto affermato
• In caso di trasferimento illegittimo, le spese di viaggio costituiscono danno patrimoniale risarcibile.
• Non rileva la natura “non lavorativa” del tempo di trasferimento ex art. 8 D.Lgs. 66/2003: quella disciplina riguarda soltanto l’orario di lavoro e non esclude il ristoro economico a titolo di danni.
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Motivazione della Corte
1. Il tempo di percorrenza da casa alla sede non rientra nell’orario di lavoro e non è retribuibile ai sensi dell’art. 8 del D.Lgs. 66/2003.
2. L’indennità chilometrica, prevista dal CCNL solo per missioni in località diverse dalla sede, non è applicabile ai trasferimenti disciplinari.
3. Tuttavia, il giudice della legittimità riconosce che le spese di viaggio sostenute a causa di un trasferimento illegittimo sono risarcibili come danno patrimoniale.
4. Spetta al datore di lavoro l’onere di provare che il dipendente avrebbe potuto ridurre l’esborso optando per mezzi pubblici senza eccessiva gravosità.
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Effetti pratici per aziende e lavoratori
• I datori di lavoro devono valutare attentamente le decisioni di trasferimento per evitarne l’illegittimità e il conseguente obbligo risarcitorio.
• I lavoratori dovranno documentare con precisione i chilometri percorsi, i costi di carburante, pedaggi e parcheggi per poter richiedere un rimborso completo.
• In fase di contenzioso, la prova testimoniale o documentale sull’uso alternativo di mezzi pubblici può ridurre l’entità del risarcimento.
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Criticità e spunti di riflessione
• La distinzione tra “missione” e “trasferimento disciplinare” può generare incertezza sulla spettanza o meno dell’indennità chilometrica.
• Il principio risarcitorio potrebbe estendersi a spese accessorie (vitto, alloggio) se il trasferimento impone pernottamenti lontano dalla residenza.
• È opportuno rivedere i regolamenti aziendali e i contratti integrativi per chiarire in anticipo i criteri di rimborso in caso di trasferimenti non riconosciuti validi.
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