Sentenza del 09/04/2025 n. 296/2 - Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Liguria
Tassabilità delle pensioni dell’Agenzia Spaziale Europea
È imponibile ai fini IRPEF la pensione erogata dall’Agenzia Spaziale Europea, in quanto non rientra tra le esenzioni di cui all’art. 8, primo comma, lett. c), del D.P.R. 18 settembre 1962, n. 2083. Tale disposizione, infatti, si riferisce esclusivamente agli stipendi ed agli «emolumenti» percepiti in costanza del rapporto lavorativo, senza menzionare le pensioni corrisposte dopo la cessazione del medesimo.
In assenza di un consolidato indirizzo di legittimità, quest’interpretazione è stata adottata dalla Corte di giustizia di secondo grado della Liguria che con sentenza ha respinto l’appello di un contribuente.
Quest’ultimo lamentava una doppia imposizione del proprio trattamento pensionistico: in quanto dapprima (come dipendente) sarebbe stato tassato in sede di accumulo del montante pensionistico mediante la “tassa interna” dell'ESA sui contributi previdenziali non deducibili e, successivamente e nuovamente (come pensionato), in sede di erogazione della pensione.
Tuttavia, in analogia con la tassazione delle pensioni NATO, la Corte ligure ha ritenuto l’inesistenza di un regime di favore per la tassazione delle pensioni diversamente da quanto accade con gli stipendi e gli emolumenti in generale.
Testo:
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
I fatti, come accertati dal primo giudice e riportati nella sentenza qui appellata, possono così riassumersi.
Il sig. Ricorrente_1, affermando di essere stato dipendente dell'A.S.E. (ESA), di essere ora residente in Italia, di essere pensionato e di ricevere il trattamento pensionistico a carico della stessa ESA, presentava, il 1° luglio 2021, all'Agenzia delle Entrate di Savona, un'istanza di rimborso delle imposte versate sulla parte di pensione i cui contributi erano a carico del lavoratore: sosteneva che si trattava della parte della pensione i cui contributi non erano stati dedotti dal reddito durante il periodo in cui aveva lavorato; di conseguenza chiedeva il rimborso delle seguenti somme, distinte per gli anni di imposta: 1) 2016: euro 7.271,00; 2) 2017: euro 7.205,00; 3) 2018: euro 7.446,00; 4) 2019: euro 7.285,00.
Su tale istanza di rimborso si formava un silenzio-rifiuto, che veniva impugnato. La CGT di primo grado di Savona ha rigettato il ricorso (spese compensate).
MOTIVI DELLA DECISIONE
La controversia verte sulla asserita doppia imposizione, lamentata dal ricorrente, del proprio trattamento pensionistico: esso, nella sua prospettazione, sarebbe stato tassato dapprima (come dipendente) in sede di accumulo del montante pensionistico, mediante la tassa interna dell'ESA sui contributi previdenziali non deducibili e successivamente e nuovamente (come pensionato) in sede di erogazione della pensione. Da qui la richiesta di rimborso dell'IRPEF versata per gli anni in questione sui contributi a carico del lavoratore.
Si è cioè verificato che, in sede di erogazione della pensione ESA, l'intero imponibile pensionistico è stato tassato in Italia, con conseguente asserita doppia imposizione in senso economico della quota di pensione derivante da contributi a carico del lavoratore (1/3 della pensione totale), già tassata in precedenza.
L'A.S.E. rientra fra le sei organizzazioni internazionali c.d. coordinate (insieme a Consiglio d'Europa, Unione dell'Europa Occidentale, NATO, Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine e OCSE). La legge del 9 giugno 1977 n. 358, che ha ratificato la convenzione fra ESA e Stato Italiano, prevede, all'allegato I, art. XVIII, paragrafo 1, l'applicazione di una imposta autonoma (Tassa Interna - Internal Tax) sui trattamenti ed emolumenti da essa corrisposti ai suoi dipendenti. Ciò ha comportato che i contributi previdenziali a carico del lavoratore fossero tassati e non dedotti dall'imponibile lordo (come invece avviene nel sistema italiano).
La Cassazione (Cass. civ., Sez. V, Ord., 7 marzo 2023, n. 6794) si è occupata di un caso analogo che - seppur riferito ad un ex dipendente della NATO- può indirizzare anche la presente decisione.
In particolare la Corte, per confermare la reiezione del ricorso del Contribuente, richiamate alcune precedenti pronunce (Cass. 15/01/2019, n. 705; Cass. 14/02/2019, n. 4422; Cass. 16/09/2020, n. 19287), ha ribadito che l'art. 8, primo comma, lett. c), del d.P.R. n. 2083 del 1962, ai fini della esenzione dal pagamento delle imposte sui redditi, presuppone per l'applicabilità del beneficio due condizioni tassative, ossia che si tratti di redditi derivanti da stipendi ed emolumenti» e che essi siano corrisposti al personale civile «dai quartieri generali interalleati nella loro qualità di impiegati di detti quartieri generali.
La disposizione normativa fa, quindi, esclusivo riferimento agli stipendi ed agli emolumenti percepiti in costanza del rapporto lavorativo, senza menzionare le pensioni corrisposte dopo la cessazione del medesimo.
Tale limitazione, come è stato evidenziato nella Risoluzione dell'Agenzia delle entrate del 16/12/2009, n. 285/E, trova la sua ratio nella funzione stessa della norma che ha lo scopo di prevedere un trattamento speciale in relazione alle finalità istituzionali perseguite dalle organizzazioni internazionali attraverso la loro struttura, della quale fa parte il personale in servizio, per cui tale regime agevolativo non trova applicazione per coloro che non vi prestano più la loro opera. A supporto di tale interpretazione soccorre il Regolamento pensionistico delle Organizzazioni Coordinate, tra le quali rientra la N.A.T.O., ed in particolare la disciplina dettata dall'art. 42 di detto Regolamento («Pensioni soggette alla legislazione fiscale nazionale»), laddove si prevede, al comma 1, che «la pensione e l'adeguamento sono tassabili quali redditi ai sensi della legislazione fiscale in vigore in tale paese» (comma 1), ossia sono assoggettate ad imposizione nello Stato di appartenenza in cui risiede il beneficiario e secondo le disposizioni contenute nella legislazione fiscale dello Stato stesso.
Precisa ancora la Corte che la disciplina dettata dalla legge del 1962 non può discostarsi da quella sovranazionale emergente dal richiamato art. 42 del Regolamento pensionistico, in virtù del quale l'importo della pensione concorre alla formazione del reddito imponibile del percettore residente, considerato che l'art. 8, primo comma, lett. c) del d.P.R. n. 2083/1962 si configura come norma speciale di stretta interpretazione, il cui tenore letterale depone per l'applicabilità del beneficio solamente a coloro che rivestono la qualità di «impiegati» e con riguardo esclusivamente agli «stipendi ed emolumenti» percepiti.
Tale conclusione è, d'altro canto, ulteriormente avvalorata dalla considerazione che lo schema pensionistico applicato alle cd. «organizzazioni coordinate» prevede anche il meccanismo del tax adjustment, ovvero del rimborso ai pensionati delle organizzazioni di circa il 50 per cento delle imposte sul reddito pagate sulla pensione, con ciò riconoscendo implicitamente la legittimità della tassazione delle pensioni stesse.
Lo stesso art. 42 del Regolamento parla, inoltre, del calcolo e «dell'importo delle imposte sul reddito per tutti i beneficiari di pensioni che sono contribuenti nel paese interessato» (comma 3) e di «detrazioni e sgravi fiscali» per carichi familiari (comma 4), elementi tutti che evidenziano la esistenza di un regime diverso tra il trattamento economico esente in corso di rapporto, espressamente previsto dal citato art. 8, e quello non esente dopo la cessazione del rapporto.
Nel caso di specie è pacifico che il Contribuente fosse già pensionato negli anni di imposta 2016, 2017, 2018 e 2019 per i quali ha chiesto il rimborso; pertanto, in linea col condiviso indirizzo giurisprudenziale sopra esposto, l'appello del Contribuente è respinto.
Le spese del grado sono integralmente compensate stante l'assenza di un consolidato indirizzo di legittimità anche relativamente alla assimilazione del trattamento ESA con quello NATO.
La Corte di Giustizia Tributaria della Liguria
P.Q.M.
Respinge l'appello.
Compensa le spese del grado.
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