CGARS 2025- La decisione in esame riguarda l’appello avverso la sentenza che aveva respinto il ricorso del signor -OMISSIS- contro il diniego di rinnovo (più correttamente, di rilascio) della licenza di porto d’armi per uso caccia, emesso dal Questore. La questione centrale riguarda la legittimità del provvedimento di diniego, fondato sulla presenza di una condanna per furto di energia elettrica, successivamente dichiarata prescritto.
**Contesto e fatti principali:**
- Il Questore aveva negato il rinnovo della licenza di porto d’armi sulla base di una condanna in primo grado per furto di energia elettrica. Successivamente, la condanna era stata dichiarata prescritto dalla Corte di Appello di Catania.
- Il Questore ha precisato che, anche se il reato è estinto per prescrizione, questa estinzione non pregiudica la valutazione dell’episodio ai fini della sicurezza pubblica, e che tale valutazione può considerare anche elementi di contesto familiare o ambientale che possano far ritenere il soggetto potenzialmente pericoloso.
- Il ricorrente ha sostenuto, attraverso un motivo principale, che la normativa (artt. 11 e 43 T.U.L.P.S.) prevede che il rilascio o il rinnovo della licenza possa essere negato solo in presenza di condanna definitiva passata in giudicato per i reati indicati, e che l’assoluzione per intervenuta sentenza di non luogo a procedere non possa costituire motivo di divieto.
**Motivazioni della decisione:**
- La Corte ha rilevato che la motivazione del provvedimento amministrativo si limitava a indicare l’episodio storico (la condanna per furto di energia) e la sua prescrizione, senza approfondire la concreta rilevanza di tale fatto o altri elementi di fatto che potessero giustificare un giudizio prognostico sfavorevole sulla sicurezza pubblica.
- È stato sottolineato che, secondo la normativa, l’assenza di una riabilitazione formale, che però non può essere richiesta dopo un proscioglimento, non può essere considerata un elemento ostativo. Inoltre, la motivazione si mostrava carente sotto il profilo dell’analisi complessiva delle circostanze e del contesto.
- La Corte ha evidenziato che un’errata interpretazione del potere amministrativo, che si traduca in un “confondere il potere con il dovere”, porta a un provvedimento illegittimo. In altre parole, il potere di negare un rilascio non può essere esercitato senza una motivazione adeguata e puntuale, che dimostri una valutazione concreta e ponderata delle circostanze di fatto.
- Per questi motivi, la decisione di primo grado è stata annullata, con il conseguente accoglimento dell’appello. È stato inoltre precisato che la pubblica amministrazione può eventualmente riformulare il provvedimento, purché lo faccia nel rispetto dei principi di motivazione e di adeguatezza.
**Conclusioni:**
La sentenza evidenzia l’importanza di una motivazione completa e articolata nei provvedimenti di diniego di licenze di porto d’armi, anche quando si tratta di fatti storici che, per quanto prescritti, possono comunque influire sulla valutazione di affidabilità e sicurezza pubblica. La Corte ha ribadito che l’attività amministrativa deve essere condotta nel rispetto dei principi di individualizzazione del giudizio, trasparenza e motivazione adeguata, evitando decisioni basate su considerazioni superficiali o di mera discrezionalità potere-dovere.
**In sintesi:**
- Il reato estinto per prescrizione non può essere, di per sé, motivo di diniego della licenza, a meno che non si dimostri la concreta pericolosità sociale del soggetto.
- La motivazione del provvedimento deve essere dettagliata e analitica, non limitarsi a indicare fatti storici, ma approfondire il loro rilievo nel contesto della sicurezza pubblica.
- La mancanza di tali elementi può comportare l’annullamento del provvedimento, come avvenuto nel caso in esame.
Questa sentenza sottolinea quindi l’importanza di un’attenta valutazione della singola situazione nel rispetto dei principi di legalità e ragionevolezza dell’azione amministrativa.
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