La sentenza del Consiglio di Stato n. 2414/2025 si inserisce in un quadro normativo complesso, in cui si cerca di contemperare l’autonomia comunale in materia urbanistica con le esigenze di pianificazione territoriale e di tutela degli standard urbanistici. La decisione conferma la legittimità dell’istituto della monetizzazione degli standard anche in presenza di Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA), rafforzando il ruolo delle autorità comunali nel disciplinare i cambi di destinazione d’uso.
**1. Limiti dell’autonomia comunale nel disciplinare i cambi di destinazione d’uso**
L’autonomia comunale in materia urbanistica è riconosciuta e tutelata dall’articolo 13 del D.P.R. 380/2001 (Testo Unico dell’Edilizia) e dalla normativa regionale e comunale. Tuttavia, tale autonomia non è assoluta e deve rispettare i principi fondamentali di legge e le norme sovraordinate.
In particolare, i limiti principali sono:
- **Rispetto delle norme statali e regionali**: le leggi nazionali e regionali fissano i principi e i limiti entro cui i Comuni possono agire. Ad esempio, devono rispettare i vincoli paesaggistici, ambientali e le norme di tutela del patrimonio culturale.
- **Rispetto delle norme di pianificazione urbanistica**: le varianti o le modifiche devono essere conformi alle previsioni del Piano Regolatore Generale (PRG) o strumenti equivalenti.
- **Principio di proporzionalità e ragionevolezza**: le restrizioni o le condizioni imposte devono essere proporzionate rispetto all’obiettivo di tutela degli standard urbanistici e all’interesse pubblico.
- **Tutela dei diritti di proprietà**: le restrizioni non devono ledere il diritto di godimento e di proprietà dei soggetti interessati, nel rispetto delle norme costituzionali.
**2. Legittimità della subordinazione di una SCIA alla monetizzazione degli standard urbanistici**
La sentenza afferma che è legittimo subordinare il cambio di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante alla monetizzazione degli standard, anche se si tratta di un’attività soggetta a SCIA.
- **SCIA come strumento abilitativo**: la SCIA permette di iniziare lavori o attività edilizie senza dover attendere un’autorizzazione esplicita, purché si rispettino le normative vigenti.
- **Cambio di destinazione d’uso rilevante**: qualora il cambio di destinazione comporti un incremento di standard urbanistici, può essere richiesto il rispetto di specifiche condizioni, tra cui la monetizzazione degli standard mancanti o la loro compensazione.
- **Monetizzazione e standard urbanistici**: la monetizzazione rappresenta uno strumento di compensazione che consente di ottenere un corrispettivo economico in luogo di standard urbanistici non più realizzabili o non richiesti, garantendo così il rispetto delle previsioni normative senza ostacolare la liberalizzazione delle attività edilizie.
**3. Coordinamento tra norme statali, regionali e comunali**
Il quadro normativo si articola su più livelli:
- **Norme statali**: definiscono principi generali e limiti di tutela, come la tutela del patrimonio storico-artistico, ambientale e il diritto alla proprietà.
- **Norme regionali**: spesso integrano le norme statali e definiscono strumenti di pianificazione più dettagliati, come i piani territoriali e le regolamentazioni sugli standard urbanistici.
- **Norme comunali**: adottano piani regolatori, regolamenti edilizi e strumenti di monetizzazione degli standard, in coerenza con le direttive regionali e nazionali.
La sentenza del Consiglio di Stato evidenzia che queste norme devono essere coordinate e rispettate nel rispetto di un principio di sussidiarietà e di proporzionalità. In particolare, l’intervento comunale di monetizzazione e di regolamentazione del cambio di destinazione d’uso può essere legittimo se conforme alle norme sovraordinate e finalizzato a garantire un equilibrio tra sviluppo urbano e tutela ambientale e paesaggistica.
**Conclusioni**
La pronuncia del Consiglio di Stato chiarisce che i Comuni hanno un margine di autonomia nel disciplinare i cambi di destinazione d’uso, anche attraverso strumenti come la monetizzazione degli standard urbanistici, purché ciò avvenga nel rispetto della normativa superiore e dei principi di legalità, proporzionalità e tutela del patrimonio pubblico e privato. La possibilità di subordinare la SCIA a tali condizioni rappresenta un ulteriore passo verso un’amministrazione urbanistica più flessibile e armonizzata con le esigenze di sviluppo sostenibile.
Pubblicato il 24/03/2025
N. 02414/2025REG.PROV.COLL.
N. 02161/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2161 del 2024, proposto dall’Istituto – S.p.a. nella persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. , presso la Segreteria della Sezione;
contro
Comune di , nella persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. ti , presso lo studio dei difensori;
per la riforma
della sentenza del T.a.r. Lombardia, sede di Milano, sez. II, 7 agosto 2023 n. 2009, che ha respinto il ricorso n. 2974/2022 R.G. integrato da motivi aggiunti proposto per l’annullamento dei seguenti atti del Comune di , concernenti la segnalazione certificata di inizio attività - SCIA 13 settembre 2022 prot. n. 32821 e p.ed. n. 468/2022, presentata dall’Istituto S.p.a. per modifiche con cambio d’uso da produttivo ad uffici privati del capannone di proprietà sito in via 45:
(ricorso principale)
a) dell’atto 12 ottobre 2022 prot. n. 37144, conosciuto in data imprecisata, di comunicazione di avvio del procedimento di conformazione dell’attività;
(motivi aggiunti)
b) della deliberazione 30 novembre 2022 n.259, con la quale la Giunta comunale ha approvato la proposta di monetizzazione delle aree a standard;
c) dell’atto 5 dicembre 2022 prot. n.44155, di richiesta delle relative somme;
e in ogni caso per la condanna del Comune a restituire le somme percepite a titolo di monetizzazione;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di ;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 marzo 2025 il Cons. Luca Monteferrante e uditi per le parti gli avvocati presenti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il presente giudizio ha ad oggetto la richiesta di cambio di destinazione d’uso di un capannone di proprietà dell’Istituto – S.p.a. (d’ora in poi ) sito in ed è controversa la debenza di standard compensativi richiesti dal Comune per il perfezionamento della S.C.I.A. a tal fine presentata.
In particolare , in qualità di proprietaria dell’immobile sito in alla Via n. 45, catastalmente identificato al Foglio 60, mappale 50, sub. 702, N.C.E.U., presentava, al Comune di , la SCIA 13 settembre 2022 prot. n. 32821 – P.E. 468/2022, per la realizzazione di alcune modifiche interne e dei prospetti unitamente al cambio di destinazione d’uso da produttivo a direzionale (uffici privati, da destinare a centrale operativa di vigilanza privata), con inizio dei lavori previsto il 19 settembre 2022.
In base alla Tavola 1.2 del vigente Piano delle Regole del PGT, l’immobile è inserito nel Tessuto urbano consolidato produttivo, per il quale l’art. 18 delle NTA della strumentazione urbanistica impone una destinazione prevalentemente produttiva, ammettendo trasformazioni finalizzate a mantenere o insediare gli usi produttivi e complementari unitamente agli usi terziari e complementari.
Pertanto il mutamento di destinazione d’uso, con opere, da produttivo a terziario (uffici privati), oggetto della SCIA è pacificamente coerente con la disciplina urbanistica.
Con ricorso al T.a.r. per la Lombardia la ha tuttavia impugnato la richiesta di conguaglio del fabbisogno di aree a standard formulata dall’Amministrazione in riscontro alla predetta SCIA. per cambio di destinazione d’uso, con opere, da produttivo a terziario direzionale (uffici privati), lamentando l’illegittimità della richiesta comunale a seguito dell’intervenuta liberalizzazione dei mutamenti di destinazione d’uso nell’ambito dell’unitaria categoria funzionale “produttiva e direzionale” prevista dall’art. 23-ter, comma 1, lett. b), del d.P.R. n. 380 del 2001.
Ha altresì impugnato, con motivi aggiunti, anche la delibera di Giunta comunale 30 novembre 2022 n. 259 recante l’approvazione della proposta di monetizzazione delle aree a standard presentata dall’appellante a compensazione dell’incremento del carico urbanistico, unitamente alla conseguente richiesta di pagamento degli oneri emessa dal Settore Pianificazione Urbana dell’Ente locale. In particolare la Giunta autorizzava la monetizzazione delle aree a standard – stimate in 372,40 mq. - per il valore proposto dalla Società, pari a Euro 49.529,20.
Ed infatti ha chiesto di monetizzare, in alternativa alla cessione, standard per 372,40 mq. (ossia l’80% della superficie totale di 465.50 mq interessata dal cambio d’uso) per un importo complessivo di euro 49.529,20, applicando il valore di euro 133 a mq., già aliunde praticato dal Comune. Secondo il Comune, infatti, il passaggio dalla destinazione produttiva (che ai sensi dell’art. 28 delle NTA P.d.R. comporta una dotazione di servizi pari al 20% della s.l.p.) alla destinazione terziaria-direzionale (che ai sensi dell’art. 28 delle NTA P.d.R. comporta, invece, una dotazione di servizi pari al 100% della s.l.p.) determinerebbe la necessità di corrispondere la differenza, pari all’80% della s.l.p.
Il T.a.r. Lombardia sede di Milano, Sez. II, con sentenza 7 agosto 2023 n. 2009, ha respinto il ricorso introduttivo e i motivi aggiunti, affermando che, conformemente alla normativa nazionale e regionale, il Comune di ha legittimamente assoggettato, nella propria strumentazione urbanistica, il cambio di destinazione d’uso in contestazione al reperimento, ovvero alla monetizzazione, di aree a standard e, nel caso di specie, ha dato corretta attuazione alla relativa disciplina.
In particolare il T.a.r. ha osservato che:
- l’art. 23-ter del Testo Unico dell’Edilizia fa salve le diverse disposizioni delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici comunali sulla rilevanza urbanistica del mutamento della destinazione d’uso all’interno della stressa categoria funzionale;
- in conformità all’art. 51 della L.R. 12/2005 è “proprio lo strumento urbanistico del Comune di ad avere escluso l’ipotesi del mutamento senza reperimento di aree a standard, all’art. 30 delle NTA. del PGT”.
Avverso tale sentenza ha interposto appello la s.p.a. per chiederne la riforma in quanto errata in diritto, deducendo vizi di contraddittorietà e illogicità della motivazione e riproponendo i medesimi motivi respinti in primo grado.
Si è costituito in giudizio il Comune di per resistere al gravame, concludendo per la sua reiezione nel merito.
All’udienza pubblica del 13 marzo 2025 la causa è stata trattenuta in decisione, previo deposito di memorie con le quali le parti hanno ribadito le rispettive tesi difensive ed eccezioni.
L’appello è infondato.
Con un unico complesso motivo l’appellante ha dedotto: “Error in iudicando violazione dell’art. 112 c.p.c., travisamento dei presupposti, violazione degli artt. 23-ter del d.P.R. n. 380 del 2001, 51 e 52 della l.r. n. 12/2005 e 1 l.r. n. 18/2019; 4, 10, 12 preleggi; illogicità; contraddittorietà; difetto di motivazione”.
Lamenta che nel caso di specie non vi sarebbe alcun mutamento di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante e che, pertanto, nessun onere sarebbe dovuto per il cambio d’uso da produttivo a terziario: in particolare, avendo I.N.V.G. realizzato un cambio d’uso intrafunzionale in zona urbanizzata, non sarebbe dovuto alcun conguaglio della dotazione di standard sicché la richiesta comunale di monetizzazione si porrebbe in violazione dell’art 51, comma 1, della legge regionale n. 12/05 e dell’art. 23-ter del d.P.R. n. 380 del 2001.
Contesta, in particolare, l’affermazione del T.a.r. per cui l’art. 30 delle NTA avrebbe legittimamente escluso il mutamento senza reperimento di standard, in applicazione di quanto previsto dall’art. 51, comma 1, sesto periodo della legge regionale n. 12 del 2005.
Eccepisce che il sesto periodo del comma 1 dell’art. 51 della legge regionale n. 12/05 non consentirebbe di assoggettare qualsiasi cambio di destinazione d’uso intrafunzionale al reperimento/monetizzazione di standard, come invece erroneamente ritenuto dal Comune e dal T.a.r. ma consentirebbe di escludere dal regime di esonero generalizzato di cui al precedente periodo, solo talune ipotesi.
In ogni caso la tesi recepita dal T.a.r. non sarebbe nemmeno stata prospettata dal Comune sicché il giudice di primo grado sarebbe incorso nel vizio di ultrapetizione.
Tanto premesso il Collegio osserva che, in via preliminare, dev’essere esaminato il dedotto vizio di ultrapetizione della sentenza articolato sul presupposto che la motivazione della sentenza gravata non avrebbe alcun riscontro negli atti del giudizio, “dal momento neppure il Comune aveva mai sostenuto tale tesi, e si era limitato a dire che l’art 30 delle NTA prevede il conguaglio degli standard tra destinazione produttiva e destinazione direzionale” (pag. 13, paragrafo 4, del ricorso in appello).
La doglianza è infondata in quanto il Comune ha ripetutamente addotto a fondamento della legittimità del proprio operato le disposizioni contenute agli art. 28 e 30 delle NTA, seppur con un percorso logico non coincidente con quello fatto proprio dal T.a.r., senza che per questo possa configurarsi un vizio di ultrapetizione, avendo il T.a.r. comunque valorizzato la difesa del Comune circa l’esistenza di una base legale idonea a giustificare il fondamento della monetizzazione, rappresentata, per l’appunto, dall’art. 30 delle NTA in quanto attuativo delle possibilità di deroga ammesse dall’art. 51, comma 1 sesto periodo della legge regionale n. 12 del 2005, come modificata dalla legge regionale n. 18 del 2019, in attuazione di quanto previsto dall’art. 23-bis del d.P.R. n. 380 del 2001.
Nel merito il motivo è infondato.
Come correttamente rilevato dal T.a.r. il sesto periodo dell’art. 51, comma 1 della legge regionale n. 12 del 2005 consente espressamente al PGT di assoggettare anche il cambio di destinazione d’uso intrafunzionale al reperimento di standard e non esclude che un tale assoggettamento anziché essere disposto in via selettiva, per singole ipotesi, possa essere previsto in via generalizzata, al fine di meglio garantire la dotazione di standard urbanistici anche nel caso di cambi di destinazione d’uso all’interno della medesima categoria funzionale, atteso che l’omogeneità della destinazione d’uso, predicata ex lege in astratto, non esclude in concreto una diversità tipologica (tra uso produttivo ed uso direzionale) idonea a giustificare l’adeguamento dello standard, secondo un apprezzamento di merito riservato alla scelta dell’ente locale.
In questo senso l’art. 51, comma 1, periodo 5, nella parte in cui recita che “Nella superficie urbanizzata, come definita nel PTR, all'interno delle categorie di cui all'articolo 23-ter del d.P.R. 380/2001 è comunque sempre ammessa la modifica di destinazione d'uso, anche in deroga alle indicazioni del PGT, e la stessa non è assoggettata al reperimento di aree per servizi e di interesse generale”, è stato introdotto dalla L.R. della Lombardia n. 18/2019, con la finalità di riqualificazione dei tessuti urbani e delle aree già costruite in riduzione del consumo di suolo (art 1), e in questo senso ha dettato norme agevolative e incentivanti. Tuttavia il periodo 6 del medesimo articolo, pure introdotto con la citata novella, dispone a sua volta, per quanto qui rileva, che “Le disposizioni di cui al precedente periodo non si applicano alle destinazioni esplicitamente escluse dal PGT” che nel caso di specie sono quelle indicate dagli artt. 28 e 30 delle NTA.
Ne discende che l’art. 51, se da un lato ammette sempre il mutamento anche in deroga alle previsioni del PGT, dall’altro fa salve le destinazioni esplicitamente escluse dal medesimo, con la conseguenza che non è necessario alcun intervento di adeguamento da parte dei Comuni, né tantomeno il ricorso ai principi sulla gerarchia delle fonti o a quelli sulla successione della legge nel tempo, per risolvere alcuna antinomia. Quanto detto trova conferma nelle istruzioni rese dalla Regione, ex adverso riportate solo parzialmente, ove si conferma che la semplificazione del cambio di destinazione d’uso “non si applica alle destinazioni esplicitamente escluse dal PGT”.
Non può essere dunque condiviso quanto afferma l’appellante secondo cui, in difetto di adeguamento dei PGT alla nuova regola del quinto e sesto periodo del primo comma dell’art. 51 della l.r. n. 12/2005 con sottrazione di specifiche funzioni dalla liberalizzazione, gli strumenti urbanistici vigenti all’entrata in vigore del nuovo art. 51 comma 1, quinto periodo, l.r. 12/2005, soggiacciono alla deroga generalizzata al PGT e all’esenzione dall’obbligo di reperimento degli standard prevista dal quinto periodo del comma 1 dell’art. 51 poiché una siffatta deroga incontra comunque il limite posto dall’art. 30 delle NTA, non solo non abrogato dalle disposizioni di legge sopravvenute ma espressamente autorizzato dal sesto periodo dell’art. 51, comma 1, che pur prevedendo il potere di escludere ‘specifiche destinazioni’ nella superficie urbanizzata, non preclude al Comune di introdurre in via generalizzata la regola della compensazione degli standard, anche mediante monetizzazione, considerato che il sesto periodo parla di destinazioni “esplicitamente” e non “specificatamente” escluse.
Da altra angolazione l’appellante lamenta che il T.a.r. avrebbe errato nel ritenere legittimo l’art. 30 NTA - peraltro, a suo dire, impugnato in modo generico e perplesso - perché, al contrario, in primo grado erano stati articolati puntuali motivi incentrati sulla sua inidoneità a prevedere ipotesi di deroga rispetto al superamento dell’obbligo generalizzato di reperimento di standard sancito dal quinto periodo e ciò in quanto l’art 51 comma 1 quinto periodo l.r. n. 12/2005, detta – con riguardo ai cambi d’uso intrafunzionali nella superficie urbanizzata- una disciplina propria per la superficie urbanizzata, che implica prevalenza sulle (con conseguente disapplicazione delle) contrastanti previsioni di PGT, essendo il medesimo quinto periodo sopravvenuto alle norme tecniche del PGT di Peschiera, con previsione di deroga delle stesse norme di PGT (quinto periodo) o che richiede comunque (sesto periodo) adeguamento pianificatorio del Comune. L’art. 30 delle NTA (approvato nel 2015) sarebbe infatti anteriore al quinto e sesto periodo del comma 1 dell’art. 51 della l.r. n. 12/05 inseriti nel 2019; non si potrebbe quindi ritenere l’art 30 NTA espressione del potere indicato dal sesto periodo. La sentenza appellata pertanto traviserebbe l’art. 51, comma 1, 5° e 6° periodo della legge regionale n. 12/05 e lo stesso art. 1 della legge regionale n. 18/2019, e non avrebbe rilevato, nella prospettazione della ricorrente, la sopravvenuta inapplicabilità dell’art. 30 (e 28) delle NTA.
In via preliminare deve osservarsi che il T.a.r. ha effettivamente errato nel rilevare la mancata impugnazione degli artt. 28 e 30 delle NTA che invece la ricorrente ha fatto oggetto di specifica e puntale impugnazione in primo grado.
Il motivo è comunque infondato in quanto l’art. 30 NTA non è incompatibile con il sopravvenuto art. 51, comma 1, 5 e 6 periodo sicché ben poteva il Comune confermare il regime di obbligo generalizzato di reperimento degli standard in area urbanizzata di cui al previgente art. 30 NTA, alla luce di quanto consentito anche dal sopravvenuto 6 periodo dell’art. 51 comma 1 che contempla espressamente una tale possibilità.
Non sussiste neppure alcuna violazione dell’art 23-ter d.P.R. n. 380 del 2001 in quanto norma determinante l’equivalenza delle funzioni e dunque l’equipollenza dello standard, poiché tale disposizione di legge fa comunque salve le diverse previsioni di legge regionale, nella specie pacificamente in vigore ed orientate nel senso di riconoscere un’ampia autonomia al pianificatore locale.
Inoltre l’art. 23-ter d.P.R. n. 380 del 2001 dispone al comma 1-bis, che “il mutamento della destinazione d'uso della singola unità immobiliare all’interno della stessa categoria funzionale è sempre consentito, nel rispetto delle normative di settore, ferma restando la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni”. Dunque, così come per l’art. 51 l.r. della Lombardia 12/2005, anche rispetto al comma 1-bis dell’art. 23-ter - successivamente introdotto ad opera dell’art. 1, comma 1, lettera c) numero 1) del decreto legge n. 69 del 2024 convertito dalla legge n. 105 del 2024 - la norma tecnica comunale non rappresenta altro che una mera disposizione di attuazione, non vietando in alcun modo il mutamento, bensì solamente condizionandolo al reperimento di standard e ciò in applicazione del principio generale dell’autonomia degli enti locali nelle scelte pianificatorie urbanistiche che l’art. 23-ter comma 1 bis si è limitato a ribadire.
Da quanto precede discende che può dichiararsi l’assorbimento della preliminare eccezione di inammissibilità del motivo sollevata dal Comune per avere , in supposta violazione dell’art. 104 c.p.a., introdotto in sede di appello doglianze nuove e ulteriori rispetto a quelle proposte in primo grado (in particolare quella sulla presunta illegittimità dell’art. 30 NTA, che secondo la ricostruzione avversaria violerebbe contemporaneamente l’art. 51 L.R. 12/2005 e l’art. 23-ter TUE (ricorso in appello, pag. 18, paragrafo 14).
Infine l’appellante censura l’affermazione del T.a.r. per cui esonerare da standard/monetizzazione i cambi d’uso intrafunzionali all’interno della superficie urbanizzata li renderebbe del tutto gratuiti; assume che una tale affermazione non terrebbe conto del fatto che la previsione per cui, entro la superficie urbanizzata il cambio di destinazione tra le categorie dell’art 23-ter del d.P.R. n. 380 del 2001 non richieda cessione/monetizzazione di standard, non sta affatto a significare che il cambio d’uso funzionale sarebbe gratuito, dal momento che il mutamento di destinazione d’uso comporta sempre l’applicazione degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione afferente la nuova funzione cui conduce l’intervento edilizio.
La questione posta dall’appellante è invero irrilevante ai fini della decisione del ricorso poiché la necessità di rispettare la dotazione a standard in caso di cambio di destinazione d’uso non è collegata al distinto tema degli oneri di urbanizzazione e al costo di costruzione e, in generale, al tema della onerosità degli interventi di trasformazione edilizia, non a caso disciplinato da una disposizione ad hoc, l’art. 52 della legge regionale n. 12 del 2005.
Il fatto che il mutamento d’uso non sia affatto gratuito avendo versato per la ristrutturazione oneri di urbanizzazione e costo di costruzione per il rilevante importo di euro 72.206,38, (euro 27.581,81 per oneri primari, euro 23.012,46 per oneri secondari; euro 21.612,11 per contributo sul costo di costruzione) nulla dice in sé sul fatto che sia anche dovuta la monetizzazione a titolo di standard, dovendosi a tal fine fare riferimento alla disciplina di cui all’art. 51 – e non 52 – della legge regionale n. 12 del 2005.
Da ultimo alcuna rilevanza, ai fini della decisione del presente giudizio, assumono le scelte pianificatorie compiute in materia dal Comune di Milano, atteso che le disposizioni di legge richiamate rimandano a scelte discrezionali che ciascun Comune compie in autonomia.
Quanto ai motivi non esaminati dal T.a.r. e riproposti in questa sede dall’appellante (cfr. p. 7-9 dell’appello) gli stessi sono tutti infondati alla luce delle motivazioni che precedono.
In particolare l’appellante ha lamentato la violazione dell’art 51, comma 1, quinto periodo della l.r. n. 12 del 2005, dell’art 23-ter del d.P.R. n. 380 del 2001, degli artt. 14, 18, 28 e 30 delle NTA del P.d.R., in quanto il richiamato quinto periodo, all’interno della superficie urbanizzata, escluderebbe dal reperimento di standard/monetizzazione i cambi d’uso nell’ambito delle categorie funzionali dell’art. 23-ter del d.P.R. n. 380 del 2001.
Senonché, come si è detto, sia la legge regionale che, successivamente, in modo espresso anche la legge statale – art. 23-ter, comma 1-bis - rimettono espressamente all’autonomia pianificatoria degli enti locali la possibilità di condizionare le misure di semplificazione del cambio di destinazione d’uso al rispetto di determinate condizioni, ivi compresa la possibilità di prevedere standard compensativi anche nelle ipotesi di modifica all’interno della medesima categoria funzionale.
In conclusione alla luce delle motivazioni che precedono l’appello deve essere respinto.
Stante la novità della questione sussistono giusti motivi per disporre la compensazione integrale delle spese del grado.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e compensa le spese di giudizio del grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 marzo 2025 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Gambato Spisani, Presidente FF
Michele Conforti, Consigliere
Luca Monteferrante, Consigliere, Estensore
Paolo Marotta, Consigliere
Rosario Carrano, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Luca Monteferrante Francesco Gambato Spisani
IL SEGRETARIO
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