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26 aprile 2025

La sentenza della Cassazione n. 15811/2025 si inserisce nel solco della normativa penale relativa al reato di falso in atto pubblico, disciplinato dall’articolo 476 del Codice Penale. La pronuncia chiarisce alcuni aspetti fondamentali riguardo alla portata e alla qualificazione della fattispecie di reato, nonché alla natura dell’aggravante prevista nel secondo comma di tale articolo.

 

La sentenza della Cassazione n. 15811/2025 si inserisce nel solco della normativa penale relativa al reato di falso in atto pubblico, disciplinato dall’articolo 476 del Codice Penale. La pronuncia chiarisce alcuni aspetti fondamentali riguardo alla portata e alla qualificazione della fattispecie di reato, nonché alla natura dell’aggravante prevista nel secondo comma di tale articolo.

**1. La natura del secondo comma dell’articolo 476 Cp**

La Cassazione sottolinea che il secondo comma dell’articolo 476 Cp non configura una ipotesi autonoma di reato, ma rappresenta una circostanza aggravante del reato previsto dal primo comma. In altri termini, la falsificazione di un atto pubblico, di per sé, costituisce il reato base di falso, mentre la presenza di determinate circostanze (come la natura fidefacente dell’atto) può comportare un incremento della pena, qualora si dimostri che l’atto falsificato rivestiva tale carattere.

**2. La natura fidefacente dell’atto e l’aggravante**

L’elemento della natura fidefacente dell’atto pubblico è centrale nel delineare l’ambito di applicazione dell’aggravante. La sentenza chiarisce che, quando si tratta di atti con funzione fidefacente, l’aggravante prevista nel secondo comma si applica come circostanza che può aumentare la pena, ma non come un reato autonomo. Ciò implica che la falsificazione di un atto fidefacente, in sé, non costituisce un reato distinto, bensì incide sulla gravità del reato di falsificazione.

**3. La componente valutativa dell’aggravante**

Un punto di particolare rilievo è la natura della circostanza aggravante, che presenta una componente di valutazione. La Cassazione evidenzia che questa componente non può essere automaticamente ritenuta contestata in fatto sulla base della mera indicazione dell’atto falsificato. Ovvero, l’accusa deve dimostrare che l’atto falsificato rivestiva effettivamente il carattere fidefacente e che tale qualità abbia avuto rilevanza nel contesto del reato. La semplice indicazione, senza elementi probatori concreti, non è sufficiente per sostenere una contestazione di aggravante.

**4. Implicazioni pratiche**

La pronuncia ha significative implicazioni pratiche:

- **Per la contestazione dell’aggravante:** È necessario un accertamento concreto e documentato sulla natura fidefacente dell’atto, non limitato alla mera indicazione sulla sua falsificazione.

- **Per la qualificazione del reato:** La falsificazione di un atto fidefacente non costituisce di per sé un reato autonomo, ma può comportare un aggravamento della pena nel contesto di un reato di falso in atto pubblico.

- **Per la difesa dell’imputato:** È importante contestare la natura fidefacente dell’atto e la rilevanza di tale circostanza, dimostrando che la falsificazione non ha inciso sulla funzione fidefacente o che l’atto non rivestiva tale carattere.

In sintesi, la Cassazione n. 15811/2025 ribadisce la distinzione tra reato base e circostanza aggravante, sottolineando che quest’ultima ha natura di circostanza valutativa e non di reato autonomo, richiedendo un accertamento probatorio specifico sulla natura fidefacente dell’atto falsificato. Tale chiarimento contribuisce a definire meglio i confini della responsabilità penale nel contesto del falso in atto pubblico e a garantire il diritto di difesa dell’imputato rispetto alle contestazioni di aggravanti di natura soggettiva o qualitativa.

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