Tar 2025 - L’analisi della sentenza del Tar Lazio – Sezione Quarta Quater n. 6724 del 19 marzo 2025 offre importanti chiarimenti in merito all’applicazione del principio del "canone della buona fede" nell’ambito dell’accesso agli atti amministrativi, in particolare nei procedimenti concorsuali pubblici. Questo pronunciamento evidenzia come il diritto di accesso debba essere esercitato nel rispetto di limiti proporzionati, funzionali al perseguimento degli obiettivi di trasparenza e buon andamento della pubblica amministrazione, evitando abusi e richieste sproporzionate che possano pregiudicare il funzionamento stesso dell’attività amministrativa.
**Contesto della vicenda e la richiesta del ricorrente**
Il caso riguarda un concorrente, collocato nelle ultime posizioni di una lunga graduatoria di un concorso pubblico, che riteneva erronea la valutazione del punteggio complessivo attribuito. Per verificare questa supposizione, egli ha presentato istanza di accesso chiedendo copie di tutte le schede di valutazione, verbali e titoli inviati dai candidati che avevano ottenuto punteggi migliori e, nello specifico, desiderava visionare i punteggi attribuiti a ciascun titolo di ogni candidato.
L’amministrazione ha protocollato la richiesta, ma successivamente è rimasta inattiva, senza adottare un provvedimento espresso di rigetto o accoglimento. Il concorrente ha quindi fatto ricorso al giudice amministrativo, il quale ha rigettato il suo ricorso.
**Principali motivi della statuizione del Tar**
Il Tar ha motivato la propria decisione evidenziando che la richiesta del candidato risultava generica, indeterminata e priva di specificità. In particolare:
- **Mancanza di specificità**: La richiesta non era indirizzata a singoli, determinati atti o documenti, ma si proponeva di visionare un insieme di atti e verbali riguardanti tutti i candidati con punteggi migliori, senza individuare elementi precisi e determinabili.
- **Richiesta di un numero irragionevole di documenti**: La richiesta di copie di tutte le schede di valutazione e verbali di un elevato numero di candidati avrebbe comportato un carico di lavoro eccessivo, potenzialmente in grado di paralizzare o rallentare il funzionamento dell’amministrazione.
Il Tar ha sottolineato come tale tipo di richiesta possa essere considerata un abuso del diritto di accesso, che deve essere esercitato in modo da non ostacolare il buon andamento dell’amministrazione. La richiesta generica e sproporzionata, infatti, può ledere il principio di buona fede e rappresentare un comportamento eccessivamente oneroso, che va respinto per evitare che l’interesse pubblico venga compromesso.
**Il principio del "canone della buona fede" e il divieto di abuso del diritto**
La sentenza evidenzia come l’esercizio del diritto di accesso debba rispettare un “canone della buona fede”, ovvero un comportamento leale e rispettoso delle finalità pubblicistiche sottese. La richiesta, per essere legittima, deve essere motivata da un interesse concreto e determinato, compatibile con le esigenze di efficienza e di buon funzionamento dell’amministrazione.
Il principio di buona fede impone, inoltre, di evitare richieste che abbiano natura meramente ostruzionistica o che comportino un carico di lavoro sproporzionato rispetto alle finalità di trasparenza e controllo. In questo senso, la richiesta di numerosi documenti senza una motivazione specifica e circostanziata può essere qualificata come abuso del diritto di accesso, che deve essere respinto per tutelare l’interesse pubblico e il buon andamento amministrativo.
**Ruolo dell’accesso civico e il principio solidaristico**
Il Tar ha anche richiamato il ruolo dell’accesso civico generalizzato, che deve essere esercitato in modo funzionale e conforme alle finalità di tutela dell’interesse pubblico. La richiesta deve essere proporzionata e finalizzata a garantire trasparenza, senza trasformarsi in uno strumento di ostruzione o di eccessiva richiesta di informazioni, che potrebbe ledere il buon funzionamento della pubblica amministrazione.
In conclusione, la sentenza sottolinea che l’accesso agli atti non può essere esercitato in modo acritico o senza limiti, ma deve rispettare il principio della buona fede e il divieto di abuso del diritto. Ciò significa che le richieste devono essere motivate, specifiche e proporzionate, e devono evitare di imporre un carico eccessivo all’amministrazione, preservando così l’efficienza e l’efficacia dell’attività amministrativa stessa.
**Implicazioni pratiche**
Questa pronuncia del Tar Lazio fornisce un importante orientamento per i soggetti che intendano esercitare il diritto di accesso, evidenziando la necessità di formulare richieste circostanziate, ragionevoli e rispettose delle esigenze di funzionamento della pubblica amministrazione. Dall’altro lato, invita le amministrazioni a valutare con attenzione le richieste, rifiutando quelle manifestamente sproporzionate o onerose, e a farlo anche in assenza di un esplicito provvedimento di rigetto, al fine di tutelare il buon andamento dell’attività amministrativa e il principio di leale collaborazione.
In definitiva, la sentenza ribadisce che l’esercizio del diritto di accesso deve essere governato dal rispetto delle regole di buona fede, proporzionalità e funzionalità, per garantire un equilibrio tra trasparenza e efficienza amministrativa.
Pubblicato il 03/04/2025
N. 06724/2025 REG.PROV.COLL.
N. 00046/2025 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Quarta Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 46 del 2025, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati ....... ......., ....... ......., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero Dell’Istruzione e del Merito, non costituito in giudizio;
nei confronti
......., non costituiti in giudizio;
per l'annullamento del silenzio opposto dal Ministero dell’Istruzione e del Merito – Dirigente Ufficio II Direzione Generale per il personale scolastico all’istanza di accesso agli atti formulata dal ricorrente con la nota del 30.10.2024
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 19 marzo 2025 il dott. Emiliano Raganella e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente è un docente di ruolo dell’amministrazione scolastica statale ed in forza dei requisiti posseduti ha preso parte alla procedura prevista dal D.M. n. 107/2023 collocandosi nella posizione 1673 con punteggio totale di 7.1.
Ritenendo errata la determinazione complessiva del punteggio attribuito, presentava istanza di accesso chiedendo:
a) copia delle dichiarazioni relative ai titoli culturali, di servizio e professionali inviate dai candidati che precedono il ricorrente in graduatoria;
b) copia della documentazione/verbale relativa alla valutazione e verifica del punteggio titoli riconosciuti ad ogni candidato da parte del Ministero dell’Istruzione, specificando il singolo punteggio attribuito per ogni titolo culturale, di servizio e professionale.
L’amministrazione restava inerte.
Parte ricorrente impugnava il silenzio deducendo : VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 2, 3 E 97 COST., 2, 3, 22 L. 7.8.1990 N. 241 e D.Lgs. n. 33/2013 ED ECCESSO DI POTERE PER CARENZA DI ISTRUTTORIA E DI MOTIVAZIONE, PRESUPPOSTO ERRONEO, ILLOGICITÀ, PERPLESSITÀ E TRAVISAMENTO. SVIAMENTO.
VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 2, 3 E 97 COST., 2, 3, 22 L. 7.8.1990 N. 241, 19, D.LGS. 14.3.2013 N. 33 E S. M.I. ED ECCESSO DI POTERE PER CARENZA DI ISTRUTTORIA E DI MOTIVAZIONE, PRESUPPOSTO ERRONEO, ILLOGICITÀ, PERPLESSITÀ E TRAVISAMENTO. SVIAMENTO.
Il ricorso è infondato.
L'istanza di accesso del ricorrente è stata formulata con una richiesta massiva, indeterminata, generica e carente di specificità, non avendo ad oggetto particolari atti o documenti.
Al riguardo, nella deliberazione ANAC n. 1309 del 28 dicembre 2016 (avente ad oggetto le "Linee Guida recanti indicazioni operative della definizione delle esclusioni e dei limiti all'accesso civico di cui all'art. 5 co. 2 del D. Lgs n. 33 del 2013") è stato chiarito che "... nei casi particolari in cui venga presentata una domanda di accesso per un numero manifestamente irragionevole di documenti, imponendo così un carico di lavoro tale da paralizzare, in modo molto sostanziale, il buon funzionamento dell'amministrazione, la stessa può ponderare, da un lato, l'interesse dell'accesso del pubblico ai documenti e, dall'altro, il carico di lavoro che ne deriverebbe, al fine di salvaguardare, in questi casi particolari e di stretta interpretazione, l'interesse ad un buon andamento dell'amministrazione".
Va ancora rilevato che l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nella sentenza 2 aprile 2020, n. 10, ha precisato che "Il diritto di accesso civico generalizzato ... conserva una connotazione solidaristica, nel senso che l'apertura della pubblica amministrazione alla conoscenza collettiva è funzionale alla disponibilità di dati di affidabile provenienza pubblica per informare correttamente i cittadini ..." (punto 36.5), con la conseguenza che il suddetto accesso, in quanto "... finalizzato a garantire, con il diritto all'informazione, il buon andamento dell'amministrazione (art. 97 Cost.), non può finire per intralciare proprio il funzionamento della stessa, sicché il suo esercizio deve rispettare il canone della buona fede e il divieto di abuso del diritto, in nome, anzitutto, di un fondamentale principio solidaristico (art. 2 Cost.)" (rispettivamente punti 36.5 e 36.4).
Il ricorso all'istituto dell'accesso civico generalizzato deve, infatti, mostrarsi in concreto funzionale al perseguimento delle finalità pubblicistiche ad esso sottese, individuate in via normativa (art. 1, d.lgs. n. 33/2013 (sul punto cfr. Cons. St., sez. VI, 13 agosto 2018, n. 5702).
L'Adunanza Plenaria ha pertanto puntualizzato che: "Sarà così possibile e doveroso evitare e respingere: richieste manifestamente onerose o sproporzionate e, cioè, tali da comportare un carico irragionevole di lavoro idoneo a interferire con il buon andamento della pubblica amministrazione; richieste massive uniche ... contenenti un numero cospicuo di dati o di documenti, o richieste massive plurime, che pervengono in un arco temporale limitato e da parte dello stesso richiedente o da parte di più richiedenti ma comunque riconducibili ad uno stesso centro di interessi; richieste vessatorie o pretestuose, dettate dal solo intento emulativo, da valutarsi ovviamente in base a parametri oggettivi" (punto 36.6).
Rileva il Collegio, che il rilevante numero di dichiarazioni e verbali richiesti (corrispondenti a ben 1672 candidati) rende di palmare evidenza la particolare ampiezza del novero di informazioni, dati e documenti in concreto chiesti al Ministero, il che rende cogenti le statuizioni di ANAC e del Consiglio di Stato sulla possibilità di respingere una tale richiesta in quanto manifestamente onerosa e sproporzionata (cfr. Ad Plen. n. 10/2020, punto 36.6), tanto più che essa non palesa gli scopi specifici sottesi alla richiesta di accesso.
Deve in altre parole ritenersi concretamente sussistente l'esigenza di non compromettere il buon andamento del Ministero, per il carico di lavoro ragionevolmente ed ordinariamente esigibile dagli uffici.
Deve conseguentemente rigettarsi il ricorso.
Sussistono giusti motivi per compensare le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Quarta Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 marzo 2025 con l'intervento dei magistrati:
Mariangela Caminiti, Presidente
....... Gatto Costantino, Consigliere
Emiliano Raganella, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Emiliano Raganella Mariangela Caminiti
IL SEGRETARIO
Nessun commento:
Posta un commento