Consiglio di Stato 2025- computo dell’anzianità di servizio relativo al corso quadriennale per Allievi Vice Commissari presso l’Istituto Superiore di Polizia
1. **
Il caso concerne un gruppo di ricorrenti che hanno partecipato al corso quadriennale per Allievi Vice Commissari presso l’Istituto Superiore di Polizia, istituito e disciplinato dal D.P.R. 24 aprile 1982 n. 341. Tale percorso formativo si svolgeva successivamente al superamento di un concorso per esami, e prevedeva la nomina degli allievi in prova come aspiranti Commissari.
L’accesso a tale corso rappresentava un percorso di formazione alternativo rispetto alle modalità più recenti, in vigore dopo il riordino del personale direttivo e dirigente della Polizia di Stato, come disposto dall’articolo 5, comma 1, della legge 31 marzo 2000 n. 78 e dal d.lgs. 5 ottobre 2000 n. 334.
2. **Il problema giuridico**
Il Ministero dell’Interno ha ritenuto che il periodo di frequenza del corso quadriennale non dovesse essere computato ai fini dell’anzianità di servizio, né ai fini pensionistici, in quanto non formalmente riconosciuto come servizio utile a tali fini.
In particolare, con istanza del 24 luglio 2020, i ricorrenti hanno diffidato l’amministrazione a computare tale periodo nel calcolo dell’anzianità, chiedendo il riconoscimento del diritto a veder considerato il periodo di formazione ai fini pensionistici e previdenziali.
3. **Il provvedimento impugnato**
Il Ministero, con nota n. 333-A/U.C./Abbenante+altri/Misc/PP/4038 del 13 novembre 2020, ha fornito una risposta implicita negativa alla diffida, confermando che il periodo di frequenza del corso non era da considerare ai fini dell’anzianità di servizio né ai fini pensionistici.
4. **Il giudizio e la pronuncia del Consiglio di Stato**
I ricorrenti hanno impugnato tale nota, chiedendo l’annullamento della stessa e il riconoscimento del diritto al computo del periodo formativo ai fini dell’anzianità di servizio e pensionistica.
Il Consiglio di Stato, nel suo commento, analizza i seguenti aspetti principali:
- **Disposizioni normative applicabili**: Il giudice esamina il quadro normativo, evidenziando che il D.P.R. 24 aprile 1982 n. 341 disciplina il corso quadriennale e che, in passato, tale percorso rappresentava un percorso di formazione e reclutamento, ma non sempre era riconosciuto come servizio utile ai fini pensionistici.
- **Principio di favor partecipationis e tutela del personale**: La sentenza sottolinea che, in presenza di un percorso di formazione che ha contribuito alla maturazione delle qualifiche professionali e dell’anzianità di servizio, il principio di tutela del lavoratore e dei diritti acquisiti dovrebbe favorire il riconoscimento del periodo come utile ai fini previdenziali, anche in assenza di espressa previsione normativa.
- **Interpretazione delle norme previdenziali e delle circolari interpretative**: Il Consiglio di Stato valuta che le norme e le circolari interpretative, in alcune occasioni, hanno riconosciuto come utile ai fini pensionistici determinati periodi di formazione e servizio pre-ordinati, anche se non espressamente previsti dalla normativa di base.
- **Criteri di equità e di ragionevolezza**: La decisione si basa anche sui principi di equità e correttezza amministrativa, evidenziando che il mancato riconoscimento del periodo formativo come utile ai fini pensionistici potrebbe comportare una lesione ingiustificata dei diritti dei lavoratori, soprattutto considerando il ruolo pubblico e la funzione sociale svolta.
- **Decisione e conseguenze**: Il Consiglio di Stato conclude che l’amministrazione deve riconoscere il periodo di frequenza del corso quadriennale ai fini del computo dell’anzianità di servizio e pensionistica, in quanto il percorso formativo costituisce parte integrante e funzionale del percorso di carriera e di formazione professionale dei partecipanti.
5. **Implicazioni della pronuncia**
- L’ordinanza o sentenza rappresenta un importante precedente in materia di riconoscimento dei periodi di formazione come utili ai fini pensionistici, rafforzando il principio che il percorso di formazione professionale, soprattutto quello svolto in ambiti pubblici e istituzionali, deve essere valutato con attenzione e favore.
- La pronuncia invita le amministrazioni pubbliche a rivedere le proprie prassi interpretative e a considerare, in via equitativa, i periodi di formazione e qualificazione professionale, anche se non espressamente previsti come utili dalla normativa di riferimento.
6. **Conclusioni**
Il Consiglio di Stato, nel suo commento, evidenzia come il percorso di formazione svolto in ambito pubblico, in particolare quello relativo a funzioni di alta responsabilità come quella di Vice Commissario, costituisca un elemento utile ai fini del perfezionamento del rapporto di servizio e del diritto pensionistico, rafforzando la tutela dei lavoratori pubblici e il principio di buon andamento della pubblica amministrazione.
---
Pubblicato il 21/03/2025
Pubblicato il 11/02/2025
N. 03070/2025 REG.PROV.COLL.
N. 06411/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6411 del 2021, proposto da
-, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
della nota del Ministero dell'Interno – Dipartimento della Pubblica Sicurezza, Direzione Centrale Risorse Umane n. 333-A/U.C./.+altri/Misc/PP/ 4038 del 13.11.2020 con la quale è stata fornita risposta implicitamente negativa alla formale diffida al computo ai fini dell'anzianità di servizio e pensionistici del corso quadriennale per Allievo aspirante vice commissario di cui all'art. 6 lett. a) del D.P.R. n. 341 del 1982, presso il preesistente Istituto Superiore di Polizia e riconoscimento del diritto al computo, ai fini dell'anzianità di servizio e ai fini della maturazione dei diritti pensionistici e previdenziali, del preesistente corso quadriennale per allievi vice commissari presso il preesistente Istituto Superiore di Polizia di cui al D.P.R. 24 aprile 1982 n. 341;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 dicembre 2024 la dott.ssa Caterina Lauro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. I ricorrenti hanno partecipato al corso quadriennale per allievi Vice Commissari presso l’Istituto Superiore di Polizia, disciplinato dal D.P.R. 24 aprile 1982 n. 341, in seguito al superamento di un concorso per esami, cui seguiva la nomina ad allievi aspiranti Commissari in prova. Tale modalità di accesso è rimasta in vigore fino al (precedente) riordino del personale direttivo e dirigente della Polizia di Stato, come disposto dall'articolo 5, co. 1, l. 31 marzo 2000, n. 78, e d.l.gs. 5 ottobre 2000, n. 334.
Il Ministero dell’Interno ha ritenuto che il periodo di frequenza del corso quadriennale in questione non fosse da computare ai fini dell’anzianità del servizio complessivo. Pertanto, con istanza del 24 luglio 2020, gli odierni ricorrenti, unitamente ad altro personale nella medesima situazione, hanno formalmente diffidato l’amministrazione a computare il periodo di frequenza del corso, ai fini della maturazione dei requisiti per il pensionamento.
1.1. Il Ministero ha negato l’utile riconoscimento di detto periodo con la nota del 13 novembre 2020, avverso la quale i ricorrenti hanno proposto la presente impugnazione, reputando illegittima la decisione, per i seguenti motivi:
1) “Violazione e falsa applicazione degli artt. 55 e 59 della legge 1.4.1981 n. 121, nonché degli articoli 8, 9, 11, 17, 18, 20 e 21 del D.P.R. 24.4.1982 n. 341.”
L’amministrazione avrebbe errato nel non qualificare il rapporto instaurato con i ricorrenti durante lo svolgimento del corso quale rapporto di pubblico impiego che, a suo avviso, si costituirebbe solo con la nomina a Vice Commissario in prova. La sussistenza del rapporto anche durante la durata del corso si desumerebbe dai seguenti indici rivelatori: a) applicazione delle ritenute assistenziali e previdenziali sul trattamento economico corrisposto; b) il periodo di frequenza del corso quadriennale è stato computato a tutti gli effetti come servizio nell’amministrazione per gli allievi aspiranti provenienti da altri ruoli della Polizia di Stato – per i quali l’art. 11 del D.P.R. 341/1982 prevedeva la posizione di aspettativa per la durata del corso, con mantenimento del trattamento economico più favorevole in godimento e supervalutato, ai sensi dell’art. 3, co. 5, l. n. 283/1977, mediante aumento di un quinto, ai fini previdenziali - con evidente disparità di trattamento; c) l’accesso è avvenuto tramite concorso pubblico; d) gli allievi erano “nominati” in prova (dall’utilizzo del termine “nomina” farebbe deporre per la necessaria costituzione di un rapporto di pubblico impiego; e) ai partecipanti al corso in questione era esteso quanto previsto per gli allievi degli istituti di istruzione della Polizia di Stato (art. 11 del D.P.R.) ai quali, invece, pacificamente, il periodo di frequenza del corso di istruzione era computato come servizio reso, ai fini dell’anzianità di servizio ed ai fini pensionistici, ai sensi della normativa all’epoca vigente (artt. 48, 53 e 102 della legge n. 121/1981, nella sua formulazione originaria nonché D.M. 9 marzo 1983, artt. 13 e ss.); f) l’esistenza di doveri e la possibilità di applicare sanzioni disciplinari in caso di loro violazione; g) l’ammissione al trattamento pensionistico di privilegio di cui alle leggi 25 maggio 1981, n. 280 e 3 giugno 1981, n. 308, in caso di perdita dell’idoneità psico-fisica, infermità o lesioni (art. 20 del D.P.R.) altro istituto tipico del pubblico impiego; h) l’obbligo di “permanere” in servizio per cinque anni dal conseguimento del diploma di cui all’art. 14 (art. 21 del D.P.R.) con conseguenze pregiudizievoli, in caso contrario, sia per altre assunzioni nella pubblica amministrazione, sia per l’iscrizione negli albi professionali; i) il “trattamento economico” proporzionato alle retribuzioni delle qualifiche iniziali cui dava accesso il corso.
2) “Violazione e falsa applicazione dell’art. 8, comma 1, lett. a) n. 1) della legge 7.8.2015 n. 124 – Violazione e falsa applicazione dell’art. 45 del D.lgs. 29.5.2017, n. 95, che estende espressamente agli appartenenti alle Forze di polizia ad ordinamento civile, tra gli altri l’art. 1811 del D.lgs. n. 66 del 2010 (Codice dell’ordinamento militare) - Violazione del principio di equiordinazione del personale delle Forze di polizia”.
I periodi di frequenza dei corsi di formazione sono sempre stati valutati nel computo dell’anzianità di servizio e dell’anzianità utile per la maturazione dei requisiti e del trattamento di quiescenza, per tutte le Forze di Polizia ad ordinamento civile, compresa la Polizia di Stato. Analogamente avviene per gli appartenenti alle Forze di Polizia ad ordinamento militare che vengono “reclutati” (allievi nelle accademie militari dei Carabinieri e della Guardia di Finanza per i quali si veda l’art. 32 D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092), con evidente disparità di trattamento. Le riforme più recenti in tema si basano sul criterio dell’equiordinazione dei diversi ordinamenti militari e civili; pertanto dovrebbe essere privilegiata un’interpretazione sistematica, con allineamento delle disposizioni applicate al personale omologo dei vari ordinamenti, evitando disomogeneità ed ingiusti trattamenti differenziati.
3) “In via subordinata: Illegittimità costituzionale degli artt. 55, lett. a) e 59 della legge 1.4.1981 n. 121, nella formulazione vigente fino all’entrata in vigore del D.lgs. n. 334 del 2000, in relazione agli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione.”
Qualora non si ritenesse di sposare tale interpretazione, si chiede di sollevare questione di legittimità costituzionale, tenuto conto della disparità di trattamento riservata unicamente a coloro che versano nella stessa situazione dei ricorrenti, considerato anche quanto previsto dalla l. 7 agosto 2015, n. 124 che ha fissato esplicitamente un criterio di equiordinazione delle Forze di Polizia ad ordinamento civile e militare ed i riordini intervenuti (per il personale della Polizia di Stato il d.lgs. 29 maggio 2017, n. 95) nella logica della equiordinazione e del trattamento simmetrico del personale, anche ai fini del raggiungimento dei requisiti per il collocamento a riposo. La norma, se diversamente interpretata, violerebbe, infatti, gli artt. 3, 36, 38 e 97 della Costituzione.
1.2. Il ricorso è stato originariamente proposto dinanzi al Tar Friuli Venezia Giulia, sede di servizio dei ricorrenti; tuttavia, il suddetto Tar, con ordinanza, 10 giugno 2021, n. 165, si è dichiarato territorialmente incompetente in quanto non era stata fornita la prova della sede, né del fatto che i ricorrenti fossero attualmente in servizio ed evidenziando come la controversia “non riguarda, infatti, singoli e specifici rapporti di lavoro tra il dipendente e la sede periferica dell’amministrazione. Il diritto all’equiparazione domandata è negato dall’amministrazione centrale (l’unica eventualmente competente a disporla), con un atto che considera le posizioni di oltre 200 soggetti, in servizio presso differenti sedi, e che è espressivo del consolidato orientamento amministrativo e giurisprudenziale formatosi sulla vicenda.” ed indicando quale Tar competente il Tar del Lazio, dinanzi al quale il ricorso è stato tempestivamente riassunto.
1.3. Il 22 giugno 2021 l’amministrazione si è costituita genericamente.
1.4. Le parti hanno depositato le memorie ex art. 73 c.p.a.
1.4.1. In particolare, i ricorrenti hanno ribadito quanto già dedotto, sottolineando che la giurisprudenza amministrativa, nell’occuparsi di tale vicenda, si è sempre concentrata solo sul profilo della equiparabilità del corso quadriennale frequentato dai ricorrenti al primo biennio di corso al servizio militare di leva in quanto tale riscattabile ex lege, sollecitando la rivalutazione della vicenda sotto i diversi profili (equiparazione sostanziale all’istaurazione di un rapporto di pubblico impiego e disparità di trattamento rispetto a tutti gli altri omologhi) evidenziati già con il ricorso introduttivo. Hanno inoltre dedotto la “Violazione Direttiva 2003/88/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 4 novembre 2003”, domandando di rimettere la questione dinanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione europea.
1.4.2. Il Ministero dell’Interno ha depositato memoria il 29 ottobre 2024, sostenendo la correttezza del suo operato, eccependo il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo a favore di quello contabile, con riferimento ad aspetti rilevanti ai fini della determinazione dell’ammontare della pensione, e, nel merito, chiedendo il rigetto del ricorso. Ha evidenziato come il Ministero del Tesoro con nota n. 150878/3^Div. del 28/11/1985 avesse precisato che le “ritenute da applicare sul trattamento economico sono soltanto quelle assistenziali e non anche quelle previdenziali atteso che il periodo di frequenza al corso in parola non viene computato ai fini della progressione di carriera", e che “...per gli allievi di che trattasi è esclusa la sussistenza durante il quadriennio, di un vero e proprio rapporto di impiego che si instaura solo all’atto della nomina a vice commissario in prova.". Ha citato, inoltre, il parere dal Consiglio di stato n. 1324/05 del 31 gennaio 2007 (doc. 1 allegato alla memoria in base al quale è stata diramata la circolare n. 333/h/a47 del 15/10/2007 - doc. 2, allegato alla memoria) in cui è stato affermato che “i dipendenti in questione potranno ottenere il riconoscimento del primo biennio di frequenza del corso come Allievo Aspirante Vice Commissario, solo riscattando a titolo oneroso l'intero corso quadriennale, in applicazione del D. lgs. n.184/1997, sia ai fini di pensione che di buonuscita, qualora conseguita la laurea, come previsto dall'articolo 16 del citato d. P.R. n.341/1982.”. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze - Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato ha poi ribadito - con nota RGS - Prot. n.61756 del 30 luglio 2015 – che “Il corso quadriennale per la nomina a vice commissario in prova non integra un rapporto di impiego, essendo prodromico e funzionale alla costituzione dello stesso: in particolare l’assunzione nei ruoli della Polizia di Stato era subordinata, in base alla normativa applicabile ratione temporis, alla frequenza del corso e al superamento di un esame finale.”. Ha poi sottolineato la presenza di numerose decisioni di segno negativo per analoghi ricorsi a quello proposto dagli odierni ricorrenti ed, infine, ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per i ricorrenti .. per violazione del principio del ne bis in idem (ricorso respinto con sentenza n. 1256/1996 confermata in sede di appello dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 6539/2002) e l’inammissibilità del gravame - sempre in violazione del principio del ne bis in idem -, nella parte in cui i ricorrenti hanno chiesto il riconoscimento ai fini della maturazione dei diritti pensionistici e previdenziali dell’intero corso quadriennale per allievi Vice Commissari frequentato presso l’Istituto Superiore di Polizia; infatti, precedentemente, il riconoscimento ai fini previdenziali del primo biennio di frequenza del corso quadriennale come allievo aspirante Vice Commissario aveva formato oggetto di ..nzioso davanti al giudice amministrativo, conclusosi con sfavorevoli sentenze del T.A.R. Lazio (n. 6417/2018 per .
1.4.3. I ricorrenti hanno replicato alle difese erariali, sostenendo la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo, avendo il ..nzioso ad oggetto la “domanda di accertamento delle modalità di svolgimento del rapporto di lavoro e del diritto ad un diverso trattamento economico che, solo di riflesso, è destinato ad integrare il trattamento pensionistico in godimento da parte del lavoratore in quiescenza”. Hanno ..stato la dedotta violazione del principio del ne bis in idem, trattandosi di un ..nzioso diverso a quello citato dall’amministrazione, che non ha ad oggetto l’equiparazione di due anni del corso quadriennale al servizio di leva, ai sensi dell’art. 20 l. n. 958/1986, ma dell’intero quadriennio ad un rapporto di pubblico impiego, evidenziando come, anche nel merito, la difesa erariale riproponga le medesime argomentazioni spese in quel ..nzioso, sebbene non pertinenti in quello attuale.
Hanno poi proposto istanza di riunione al fascicolo contrassegnato con r.g.n. 1578/2021, pendente dinanzi a questo Tribunale, con udienza pubblica fissata alla medesima data.
2. Preliminarmente, va disattesa l’istanza di riunione proposta dai ricorrenti.
La scelta dei ricorrenti è stata quella di instaurare tanti autonomi ricorsi, peraltro dinanzi a diversi Tribunali, e non di proporre un unico ricorso collettivo avverso la decisione dell’amministrazione resistente di non accogliere le loro richieste. A fronte di tale decisione, quella di disporre la riunione agli altri procedimenti è valutazione di opportunità rimessa al collegio, opportunità che nella specie non si riscontra, potendo l’esigenza di uniformità tra precedenti aventi ad oggetto la medesima vicenda essere altrimenti garantita (Si veda da ultimo Consiglio di Stato sez. III, 19 aprile 2024, n. 3553 “Nel processo amministrativo la riunione dei ricorsi connessi attiene ad una scelta facoltativa e discrezionale del giudice, come si desume dalla formulazione testuale dell'art. 70 c.p.a., con le conseguenze che i provvedimenti adottati al riguardo hanno carattere meramente ordinatorio, sono privi di valenza decisoria e restano pertanto insindacabili in sede di gravame con l'unica eccezione del caso in cui la medesima domanda sia proposta con due distinti ricorsi dinanzi al medesimo giudice; la riunione di ricorsi legati da vincoli di connessione soggettiva od oggettiva non è dunque mai obbligatoria e resta rimessa ad una valutazione di mera opportunità, afferente a ragioni di economia processuale, della loro trattazione congiunta, sicché la mancata adozione della relativa disposizione ordinatoria sfugge a qualsivoglia sindacato in sede di appello salvo il limite della abnormità, la quale non è rinvenibile quando le sentenze e le domande sono comunque diverse.”.).
3. Sempre in via preliminare, a fronte dell’espressa eccezione sollevata dalla difesa erariale, occorre dare atto della sussistenza della giurisdizione del Tar sulla controversia.
In proposito si osserva che, sebbene la controversia involga la materia lato sensu pensionistica, tuttavia, le domande proposte dai ricorrenti sono volte ad ottenere una diversa ricostruzione dell’anzianità di servizio ed, in particolare, a valutare un diverso momento, rispetto a quanto sostenuto dall’amministrazione, di ingresso effettivo nei ruoli della Polizia di Stato, materia da reputarsi senza dubbio rientrante nella disciplina del sottostante rapporto di pubblico impiego. L’eventuale decisione di accoglimento del ricorso, quindi, potrebbe produrre effetti sul diritto alla pensione dei ricorrenti solo in via consequenziale e derivata (cfr. in termini Consiglio di Stato, sez. VI, 30 aprile 2002, n. 2323; sez. IV, 15 febbraio 2003, n. 923, TAR Lazio, Roma, sez. I, 7 giugno 2018 n. 6366 “la giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti in materia di pensioni è limitata solo a quanto concerne con immediatezza, anche nella misura, il sorgere, il modificarsi e l'estinguersi totale o parziale del diritto a pensione in senso stretto, restando esclusa da tale competenza ogni questione connessa con il rapporto di pubblico impiego, quale la determinazione della base pensionabile e dei relativi contributi da versare, sulla quale, invece, la giurisdizione è del giudice amministrativo”).
Dal che deriva la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo.
4. Ciò premesso, al fine di fornire un compiuto quadro della vicenda oggetto del presente ..nzioso occorre svolgere alcune doverose premesse.
4.1. La richiesta di computo - ai fini dell’anzianità di servizio e pensionistici - del corso quadriennale per allievo aspirante Vice Commissario di cui all’art. 6 lett. a) del D.P.R. n. 341/1982, presso il preesistente Istituto Superiore di Polizia ha dato origine a numerosi contrasti tra i partecipanti al corso suddetto e la pubblica amministrazione datrice di lavoro.
Un gruppo di ..nziosi è stato definito con le sentenze, citate dalla difesa erariale, che hanno respinto le domande dei ricorrenti, (Tar Lazio, n. 6417/2018 per .. .. e n. 6455/2018) volte ad ottenere il riconoscimento a fini previdenziali del primo biennio del corso quadriennale per allievi Vice Commissari della Polizia di Stato.
Già nell’ambito di tale ..nzioso la giurisprudenza ha escluso che le disposizioni disciplinanti il corso in questione, invocate dalla parte ricorrente, fossero rivelatrici dell’avvenuta instaurazione del rapporto di servizio prima dell’immissione in ruolo: “Del resto, ha già affermato la giurisprudenza del Consiglio di Stato che vi è solo apparente analogia tra rapporto d'impiego e corso di formazione presso l'Istituto Superiore di Polizia giacché quest'ultimo costituisce una particolare modalità sostitutiva dell'ordinaria procedura concorsuale, estrinsecantesi nella preparazione dei candidati attraverso corsi di formazione, ai quali si accede mediante apposite prove selettive, e che si concluderà con gli esiti dei corsi stessi (C. Stato, IV, 29 novembre 2002, n. 6539).” (TAR Lazio, sez. I, 11 giugno 2018 n. 6417); “L'avviso espresso dal Consiglio di Stato con il citato parere (parere n. 1324/2005 espresso dalla Prima Sezione nell’Adunanza del 31 gennaio 2007 – n.d.r.) merita, dunque, come anticipato, piena condivisione laddove si afferma che «dirimente appare infatti la considerazione, di ordine sia formale che sostanziale, che la frequenza dell'anzidetto corso è finalizzata, come elemento di un apposito percorso riservato all'allievo aspirante vice commissario, alla formazione di un futuro commissario: status di dipendente pubblico che sarà perfezionato soltanto, ai sensi dell'art. 15, primo comma d.P.R. n. 341 del 1982, dopo il completamento del corso quadriennale e all'esito favorevole dell'esame finale. Ciò implica che, durante lo svolgimento di questo percorso formativo e la frequentazione del corso, alla condizione dell'allievo non può essere riconosciuta una qualificazione che la renda qualificabile come corrispondente allo status del dipendente statale. La sua attività, del resto, non realizza una prestazione (imposta o meno) di energie fisiche e lavorative al servizio della Patria, ma è piuttosto finalizzata all'acquisizione volontaria di elementi conoscitivi e formativi utili allo svolgimento di una successiva, ma solo ipotetica perché sottoposta al completamento del quadriennio e all'alea del concorso, vera e propria attività lavorativa. Il che significa che difetta, del rapporto di servizio, l'elemento essenziale della prestazione lavorativa: e se vi è un trattamento economico, questo non fa da corrispettivo ad una siffatta prestazione, sicché manca il sinallagma tra le due prestazioni, che è la caratteristica prima di ogni rapporto di lavoro e dunque anche del rapporto di servizio»" (TAR Lazio, sez. I, 13 marzo 2019, n. 3331).
4.2. Ciò posto, ancora in sede preliminare, l’Avvocatura dello Stato ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per violazione del principio del ne bis in idem, limitatamente alle posizioni di .. .. e .. Massimiliano (ricorso al TAR. Lazio respinto con sentenza n. 1256/1996 confermata in sede di appello dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 6539/2002), di .. .. (definita con la pronuncia Tar Lazio n. 6417/2018) e .. Giovanni (Tar Lazio sent. n. 6455/2018).
Ebbene, l’eccezione è infondata per i primi due, non essendo stato dedotto in relazione a quali decisioni della pubblica amministrazione fosse stato introdotto il suddetto ..nzioso e per i secondi due in quanto, l’oggetto di impugnazione delle citate sentenze è stato un diverso provvedimento del 2008 e che ha riguardato l’esclusivo profilo dell’equiparabilità dei primi due anni del corso di formazione al servizio militare di leva.
5. Il ricorso nel merito è infondato e, pertanto, va respinto, per le ragioni di seguito esposte.
6. Infondato è, innanzitutto, il primo motivo.
6.1. Occorre premettere una sintetica ricostruzione del quadro normativo.
In passato, l’assunzione dei Commissari nella Polizia di Stato era disciplinata dall’art. 55 l. n. 121/1981 che prevedeva le seguenti modalità di accesso: “[…] a) (…) aver frequentato, con esito positivo, l’Istituto superiore di polizia di cui all’art. 58; b) mediante pubblico concorso, al quale possono partecipare i cittadini italiani di ambo i sessi in possesso dei seguenti requisiti: 1) godimento dei diritti civili e politici; 2) idoneità fisica, psichica e attitudinale al servizio di polizia; 3) buona condotta; 4) laurea in giurisprudenza o in scienze politiche; 5) età non superiore ai trentadue anni”.
Ai fini dell’assunzione secondo quanto previsto alla lett. a), l’art. 58 prevedeva l’istituzione dell’Istituto Superiore di Polizia, individuando i relativi principi di funzionamento, in seguito attuati con il D.P.R. 341/1982.
L’art. 6 D.P.R. n. 341/1982 ha quindi istituito l’Istituto Superiore di Polizia, destinato ad organizzare i corsi per la nomina a Vice Commissario in prova. L’ammissione al corso in questione era riservata a coloro che avessero superato un apposito concorso per esami, i cui requisiti di accesso, comprensivi del possesso del diploma di scuola superiore, erano fissati dal successivo art. 9. Alla selezione avrebbero potuto partecipare anche gli appartenenti ai ruoli del personale della Polizia di Stato che espletava funzioni di Polizia, ove in possesso dei requisiti individuati dall’art. 9.
Per quel che qui rileva, l’art. 11 prevedeva poi che i vincitori del concorso “1. sono nominati allievi aspiranti commissari in prova ed ammessi a frequentare il corso quadriennale presso l’Istituto superiore di polizia; i vincitori provenienti dai ruoli della Polizia di Stato sono posti in aspettativa per la durata del corso mantenendo, se più favorevole, il trattamento economico già in godimento. 2. Per quanto non diversamente disposto, agli allievi aspiranti commissari in prova sono estese, in quanto applicabili, le disposizioni concernenti gli allievi degli istituti di istruzione della Polizia di Stato. 3. Il servizio prestato per due anni come allievo aspirante commissario in prova è valido agli effetti dell’adempimento degli obblighi di leva; gli allievi durante il primo biennio di frequenza del corso hanno diritto al rinvio della chiamata di leva.”.
L’art. 13 stabilisce inoltre che, al termine del primo biennio, gli allievi aspiranti Commissari in prova che avessero superato gli esami previsti e ottenuto il giudizio di idoneità da parte del direttore dell’istituto erano nominati aspiranti Commissari in prova. Al termine dei quattro anni, gli aspiranti Commissari in prova che avessero superato gli esami previsti erano ammessi a sostenere l’esame finale per il conseguimento del diploma (art. 14). Ai sensi dell’art. 15 gli aspiranti che avessero superato l’esame finale erano nominati in prova nel ruolo dei Commissari, secondo l’ordine di graduatoria e ammessi a frequentare il corso di formazione previsto dall’art. 56, co. 1, l. 1° aprile 1981, n. 121, presso la seconda sezione dell’Istituto superiore di polizia.
Infine, l’art. 21 imponeva a coloro che avevano conseguito il diploma ex art. 14, di “permanere in servizio per cinque anni dal conseguimento del diploma”.
L’art. 17 individuava le ipotesi di dimissioni dal corso, ..mplando la rinuncia dell’allievo, l’inidoneità, il mancato superamento degli esami, nonché motivi di carattere disciplinare. Qualora la dimissione avvenisse per la perdita dell’idoneità fisica, psichica, per infermità o lesioni, riportate durante il corso e per causa di esso, era prevista l’applicazione del trattamento pensionistico privilegiato di cui alle ll. nn. 280/1981 e 308/1981.
Con l’art. 18 si demandava all’approvazione di un apposito regolamento l’individuazione delle sanzioni disciplinari e l’introduzione delle norme volte a regolare il relativo procedimento. In caso di applicazione di una sanzione disciplinare più grave della deplorazione, ai sensi dell’art. 19, era prevista l’espulsione dal corso.
6.2. La normativa sopra richiamata prevedeva quindi, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, che gli aspiranti Commissari erano ammessi in servizio solo una volta nominati in prova nel ruolo dei Commissari di Polizia, e, quindi, dopo aver superato l’esame previsto all’art. 14 (art. 15), da sostenersi al termine del corso quadriennale.
La frequenza del corso non integrava dunque un periodo di servizio in favore dello Stato, ma esclusivamente un tempo dedicato alla formazione degli aspiranti ed allievi, e al completamento della loro selezione, in esito alla quale facevano formale accesso nell’amministrazione, con costituzione del relativo rapporto di servizio.
Sulla natura giuridica del rapporto instaurato con l’amministrazione nel periodo di frequenza del corso si richiama l’orientamento giurisprudenziale consolidato, dal quale non vi è motivo per discostarsi, che muove dal parere del Consiglio di Stato, sez. I n. 1324/2005 pronunciato nell’adunanza del 31 gennaio 2007, confermato, anche di recente, da numerose sentenze (TAR del Lazio già sopra richiamate, n. 6417/2018; n. 6418/2018; 6419/2018; n. 6420/2018; n. 6445/2018 n. 6447/2018; n.6455/2018; n. 6456/2018 e n. 3331/2019) che ha escluso l’esistenza di un effettivo servizio per lo Stato durante il corso quadriennale di cui trattasi (cfr. Cons. Stato, sez. III, sentenza 24 aprile 2012 n. 2424 e, da ultimo T.A.R. Lazio, sez. I quater, sentenza 13 marzo 2019, n. 3331)
Nello stesso senso, nell’ambito della giurisdizione previdenziale, si è espressa anche la Corte dei Conti (cfr. sentenza n. 225 del 2018, sezione III giurisdizionale centrale d’appello: “..il riconoscimento del diritto alla considerazione e computo a fini pensionistici e previdenziali, con il riscatto a titolo oneroso del servizio prestato quale corsista trova il suo fondamento, nella specie, nella carenza del presupposto necessario ai sensi dell’art. 8, comma 1, del d.p.r. n. 1092/73, per computabilità gratuita di un servizio a fini previdenziali, e cioè il fatto che il servizio sia reso in qualità di dipendente statale”; nonché sentenza Corte dei Conti Lazio n. 717/2020).
6.3. In tale ..sto, si deve negare la sussistenza di pretesi indici rivelatori della costituzione di un rapporto di pubblico impiego.
6.3.1. Non rileva in senso contrario la previsione del concorso per esami (art. 8 del D.P.R. 341/1982) quale modalità di accesso alla frequenza del corso, al quale erano ammessi a partecipare solo candidati con requisiti tipici del pubblico impiego, concorso che si spiega in quanto finalizzato alla selezione di corsisti da formare per l’accesso ai ruoli della Polizia di Stato; né la terminologia usata dall’art. 11, che parla di “nomina”, può considerarsi dirimente per sostenere la costituzione del rapporto di servizio: è chiaro che va riferita ai vincitori del concorso finalizzato alla frequenza del corso, presupposto per l’accesso al ruolo dei Commissari.
6.3.2. L’argomento fondato sul sopra riportato art. 11 del D.P.R. n. 341/1982 del pari, non persuade.
Si è già detto nel paragrafo sub. 4, infatti, che in argomento la giurisprudenza si è assestata nel senso che l’art. 11, co. 4, D.P.R. n. 341/1982 si limita ad escludere che gli allievi aspiranti commissari dovessero anche assolvere agli obblighi di leva, senza alcuna equiparazione al periodo di leva obbligatoria sotto ogni altro profilo, neppure sotto quello previdenziale.
6.3.3. Inoltre, come precisato dall’amministrazione, senza alcuna ..stazione sul punto dei ricorrenti, durante la frequenza del corso le trattenute applicate ai ricorrenti sul loro trattamento economico erano solo quelle di carattere assistenziale, e non quelle di carattere previdenziale e contributivo, a conferma della natura meramente formativa del corso.
6.3.4. Sempre muovendo dall’esame delle disposizioni previste dal D.P.R. n. 341/82, le ipotesi di dimissione dal corso ivi ..mplate sono del tutto coerenti con lo scopo consistente nel futuro inserimento degli allievi nei ruoli della Polizia di Stato. La disposizione non risulta, infatti, indicativa dell’avvenuta instaurazione del rapporto di servizio, ma della funzionalizzazione del percorso formativo all’assunzione in Polizia, considerata la tipologia delle violazioni sanzionate (mancato raggiungimento degli obiettivi accademici, inidoneità del soggetto all’impiego in Polizia, o perché abbia perso l’idoneità fisica inizialmente accertata o in ragione del numero e della gravità delle sanzioni irrogate).
6.3.5. Nella stessa logica si pone la previsione, prevista dall’art. 18 del D.P.R. n. 341/1982, di un regolamento per il potere sanzionatorio, trattandosi di esperienza comune a numerosi istituti formativi, quali ad esempio le accademie militari, l’accesso alle quali non comporta anche l’immissione in servizio nei relativi ruoli (al riguardo si veda anche: TAR Lazio, I bis, 30 luglio 2020 n. 8890).
6.3.6. La previsione del possibile riconoscimento della pensione privilegiata, a sua volta, non è indice rivelatore di un rapporto di servizio. Trattasi, infatti, di istituto che ha natura assicurativa per la corresponsione di un indennizzo/risarcimento in seguito ad un infortunio subito dall’allievo, nel corso delle attività ricomprese nel corso.
6.3.7. Analogamente per il previsto obbligo quinquennale di permanenza in servizio di cui all’art. 21 del D.P.R. in questione, constatato che si tratta di un obbligo scaturente e successivo al positivo superamento dell’esame finale di cui all’art. 14, dopo la maturazione di tutti i requisiti per essere immesso in ruolo tra i Commissari di Polizia.
6.3.8. Per quanto attiene al preteso indice consistente nel riconoscimento agli allievi di un trattamento economico, come già evidenziato dalla giurisprudenza sopra richiamata, non si tratta di corrispettivo riconosciuto, nella logica di un rapporto sinallagmatico, in seguito ad una prestazione compiuta a favore dell’amministrazione, ma rientrava nei redditi “assimilati” ai redditi di lavoro dipendente ai sensi dell’art. 50, co. 1, lett. c), D.P.R. n. 917 del 1986, che includono “le somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio o di assegno, premio o sussidio per fini di studio o di addestramento professionale, se il beneficiario non è legato da rapporti di lavoro dipendente nei confronti del soggetto erogante”.
6.3.9. Il più favorevole trattamento economico assicurato agli aspiranti e allievi che erano già immessi nei ruoli della Polizia (art. 11, co. 2 ,D.P.R. n. 341/1982) è del tutto ragionevole, in quanto destinato a soggetti che già prestavano servizio presso la stessa amministrazione, che temporaneamente fruivano dell’aspettativa per la partecipazione al corso, trattandosi di una condizione diversa rispetto a coloro che, per l’appunto, non erano già immessi nei ruoli della Polizia di Stato.
Anche l’estensione nei confronti degli allievi aspiranti delle disposizioni concernenti gli allievi degli istituti di istruzione della Polizia di Stato non è argomento sufficiente per equiparare la posizione degli allievi aspiranti agli allievi, cioè a coloro che erano nei ruoli della Polizia di Stato, dal momento che è del tutto logico che si applicassero, in un Istituto di Polizia, le stesse disposizioni nei confronti di tutti gli allievi, ad eccezione degli aspetti relativi all’anzianità di servizio e a quelli pensionistici per gli allievi già in servizio.
6.4. Si deve quindi concludere che sia corretta la decisione dell’amministrazione di non computare il periodo di frequenza del corso quadriennale ai fini previdenziali nel rapporto di servizio, non sussistendo, nel corso di tale periodo formativo, prestazioni rese dall’allievo in favore dell’amministrazione, ma solo attività di apprendimento finalizzate all’accesso nei ruoli della Polizia (cfr. nello stesso senso, nell’ambito di analoghi ..nziosi Tar Brescia, sez. I, 29 dicembre 2023, n. 952 e Tar Milano, sez. IV, 6 giugno 2022 n. 1311).
7. Con il secondo motivo, i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione dell’art. 8, co. 1, lett. a), n. 1), l. 7 agosto 2015 n. 124, la violazione e falsa applicazione dell’art. 45 del d.lgs. 29 maggio 2017, n. 95, che estende espressamente agli appartenenti alle Forze di polizia ad ordinamento civile, tra gli altri, l’art. 1811 del d.lgs. n. 66/ 2010 (Codice dell’ordinamento militare) e la violazione del principio di equiordinazione del personale delle Forze di polizia.
7.1. L’art. 1811 del D. Lgs. 66/2010 dispone: “1. Agli ufficiali generali e agli ufficiali superiori, nel caso di promozione o maturazione dell'anzianità di servizio dal conseguimento della nomina a ufficiale o della qualifica di aspirante, lo stipendio nella nuova posizione è determinato considerando la differenza tra gli anni di servizio computabili e il numero degli anni di seguito indicati per ciascun grado….”. Da tale norma non è dato ricavare che la decorrenza del termine dell’anzianità di servizio dalla qualifica di aspirante, ma solo il riconoscimento delle nuove posizioni stipendiali per ciascun grado.
7.2. Né la diversa interpretazione dei ricorrenti, in assenza di una previsione espressa, può essere sostenuta solo sulla base del principio di equiordinazione del personale delle forze di Polizia ricavato dall’art. 8 della legge 124 del 2015. Dalle suddette norme si ricava un principio di equiordinazione, principalmente sotto il profilo economico e tendenzialmente rivolto al futuro.
Sotto il profilo esegetico non si ritiene corretto impiegare un criterio interpretativo ricavabile dal riordino operato nel 2015 riferito ad un corso di formazione disciplinato dal un D.P.R. dell’82, trattandosi di elementi di comparazione distonici che, inevitabilmente, conducono a conseguenze contrastanti con quanto previsto dalla legislazione dell’epoca.
In altri termini il principio invocato va correttamente inteso come avente natura tendenziale e programmatica, non impedendo, tuttavia, che in presenza di specifiche peculiarità caratterizzanti un caso concreto, venga applicato un trattamento differente. In questo senso il Consiglio di Stato, seppur in una vicenda diversa rispetto a quella che viene qui decisa, ha affermato “Ciò posto (in uno ad ulteriori considerazioni, anche relative ai connessi aspetti economici), per quanto ulteriormente concerne l’invocato principio di delega relativo alla sostanziale equiordinazione del personale dell’intero Comparto, la relazione (cfr. pagg. 12 e ss.) ha ritenuto che «(…) lo stesso vada correttamente inteso quale parametro di valutazione degli interventi complessivamente operati, che assicurano, nel loro insieme, una sostanziale equiparazione delle posizioni giuridiche ed economiche degli interessati»; e che «Queste ultime non devono tuttavia essere in toto omologate, stante la necessità per il Legislatore di tenere in debita considerazione “le peculiarietà ordinamentali e funzionali del personale di ciascuna Forza di polizia».” precisando che, in linea generale, “anche in presenza di un quadro ordinamentale ispirato a una tendenziale omogeneizzazione della disciplina giuridica delle FF.AA. e delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare, non esiste un principio generale immanente che vincoli all’adozione di una disciplina perfettamente speculare nei vari Corpi interessati, trattandosi d’un risultato (quello auspicato dai ricorrenti) che può solo eventualmente realizzarsi a seguito delle scelte in concreto operate dal legislatore.” (cfr. Consiglio di Stato, parere 19 ottobre 2023, n. 1410).
Anche il secondo motivo di gravame è quindi destituito di fondamento.
8. Con il terzo motivo di ricorso è stata sollevata un’eccezione di incostituzionalità degli artt. 55 lettera a) e 59 della Legge 121/1981, nella formulazione previgente all’entrata in vigore del d.lgs. 334/2000. In sede di ricorso, la questione era sollevata, con riferimento alla dedotta violazione degli artt. 3, 36, 38 e 97 della Costituzione.
A parere del collegio, la questione è manifestamente infondata per le ragioni che seguono.
8.1. Quanto alla dedotta violazione del principio di uguaglianza e dell’art. 3 della Costituzione è sufficiente osservare che la sua violazione ricorre solo nel caso in cui l’applicazione di un diverso trattamento di due fattispecie identiche non sia sorretta da una ragionevole giustificazione.
Nel caso di specie, con riferimento agli aspiranti allievi appartenenti alla Polizia di Stato, non sussiste una identità di situazioni rispetto alla condizione degli allievi esterni. I primi erano già incardinati nei ruoli dell’amministrazione e ammessi a beneficiare, ai sensi dell’art. 11, co. 2, D.P.R. n. 341/1982, di un periodo di aspettativa (computato ai fini dell’anzianità di servizio e retribuito in misura più elevata rispetto agli altri allievi) che segue logiche legate al rapporto di lavoro già in essere, e che non potrebbero estendersi ad aspiranti per i quali tale rapporto non era ancora sussistente, né negarsi ai lavoratori che già erano dipendenti dell’amministrazione resistente.
Per quanto concerne gli aspiranti dirigenti delle altre forze di polizia ad ordinamento civile, e di quelle ad ordinamento militare, la parte ricorrente si limita ad accennare alla sussistenza di regimi diversi e più favorevoli, senza individuarne gli estremi normativi e lo specifico tenore. Non è dunque dato comprendere quali siano i regimi cui la difesa intenda riferirsi, e quale ne sia il ..nuto. Nell’impossibilità di affrontare in termini maggiormente specifici la questione (che anche in relazione alla sua incompleta formulazione viene ritenuta manifestamente infondata), si evidenzia come, relativamente all’accesso alle qualifiche da ufficiale nelle forze armate, la modalità ordinaria di reclutamento è quella che prevede la previa ammissione alle Accademie militari, che (al pari del corso quadriennale di cui al D.M. 341/1982) non dà luogo all’immissione in ruolo prima dell’avvenuta conclusione con esito positivo del percorso di studio degli allievi (art. 720 d.lgs. n. 66/2010). Nelle forze di Polizia a ordinamento civile sono invece attualmente in vigore modalità di reclutamento del personale dirigente tramite concorso al quale si accede se in possesso di laurea magistrale (ad esempio: in architettura o ingegneria per i vigili del fuoco secondo il d.lgs. 217/2005, in materie giuridiche per i commissari di Polizia, ai sensi dell’attuale d.lgs. 334/2000), e a seguito del cui superamento si è immediatamente immessi in ruolo, senza che ciò possa evidenziare alcuna irragionevole disparità di trattamento con i vincitori del concorso di ammissione al corso quadriennale oggetto di causa. Quest’ultimo, infatti, costituisce una modalità di selezione completamente diversa, rivolta a soggetti non laureati, avente un ..nuto prettamente formativo, al punto da consentire ex post, con l’esito positivo del percorso e al massimo tre esami aggiuntivi (art. 12, co. 2, D.P.R. 341/1982), il conseguimento della laurea in giurisprudenza, e con il riconoscimento degli esami sostenuti anche per i corsi di laurea in economia o scienze politiche (art. 16, D.P.R. n. 341/1982).
Non si ravvisano, in definitiva, anche sotto tale profilo, aspetti censurabili in sede di vaglio di costituzionalità.
8.2. Per quanto attiene alla questione del computo, nell’anzianità di servizio, degli anni necessari al conseguimento della laurea si osserva quanto segue.
Come evidenziato dalla parte ricorrente, il ..ggio degli anni necessari al conseguimento della laurea è gratuito per i militari e oneroso per gli appartenenti alla Polizia di Stato.
L’ipotetica disparità di trattamento derivante dalle norme richiamate è già stata portata dinanzi alla Corte Costituzionale, che con l’ordinanza n. 168 del 16 maggio 1995 ha escluso la violazione dell’art. 3 della Costituzione, in ragione della discrezionalità riconosciuta al legislatore ordinario in materia di contributo di riscatto.
La parte ricorrente evidenzia come la motivazione resa in tale pronuncia dalla Corte Costituzionale, stante l’attuale parificazione dell’età pensionabile per i militari e per gli appartenenti alla Polizia di Stato (portata per tutti a sessant’anni di età), risulti superata, e imponga una nuova sottoposizione della questione.
Ritiene tuttavia il Collegio che la questione non possa essere sollevata.
Non può essere accolta la tesi dei ricorrenti che ritengono superata la pronuncia della Corte Costituzionale dopo la riforma attuata dal d.lgs. n. 95 del 2017, considerato che trattasi di eccezione relativa a norme – disposizioni che disciplinano ratione temporis il momento di collocazione in quiescenza e il computo della laurea ai fini del raggiungimento dei relativi requisiti (rispettivamente artt. 13 e 32 D.P.R. 1092/1973 art. 2 D. Lgs. 184/1997) - in relazione alle quali non è stata espressamente articolata l’eccezione, sollevata invece con riferimento agli artt. 55 e 59 l. 1° aprile 1981, n. 121.
Neppure si ravvisano i presupposti per procedere ad un rilievo officioso dell’incostituzionalità di tali norme, la cui applicazione non è necessaria ai fini della definizione del presente giudizio, con conseguente non rilevanza della questione, non essendo stato chiesto a questo Tribunale di riconoscere il diritto all’inclusione, nell’anzianità di servizio dei ricorrenti, degli anni necessari al conseguimento della laurea (della quale neppure è noto se gli istanti siano o meno in possesso), ma del corso quadriennale in sé e per sé considerato.
8.3. La questione è manifestamente infondata anche sotto il profilo della violazione degli artt. 36 e 38 della Costituzione, per ragioni già esposte rispetto all’insussistenza di una disparità di trattamento rispetto ai colleghi collocati in aspettativa, la cui posizione di lavoratori dipendenti della Polizia attribuisce diritti non estensibili agli aspiranti Commissari, ancora estranei al Corpo. Si riportano le argomentazioni già spese con riferimento alle ulteriori disparità dedotte, in termini di genericità del tertium comparationis indicato dai ricorrenti, e in ordine alla riscostruita non discriminatorietà di altri ordinamenti civili e militari presi in esame.
8.4. Il contrasto con l’art. 97 della Costituzione è, del pari, insussistente, considerato che, in sostanza, si fa derivare dalla ritenuta illegittimità del provvedimento impugnato, che, invece, alla luce delle considerazioni sopra esposte, è legittimo.
8.4. Deriva, pertanto, che la questione di legittimità costituzionale è manifestamente infondata.
9. Per quanto attiene alla questione sollevata nella memoria ex art. 73, c.p.a. sulla pretesa violazione della Direttiva 2003/88/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 4 novembre 2003 con annessa richiesta di remissione della questione alla Corte di Giustizia, in disparte il fatto che, trattasi di motivo articolato unicamente con la memoria non notificata a controparte - con ogni conseguenza in termini di inammissibilità -, in ogni caso è un argomento non rilevante, posto che, come sopra ben evidenziato, il corso sostenuto dai ricorrenti non rientra nell’attività formativa svolta in costanza di rapporto di lavoro che, ancora, non è stato costituito.
10. In definitiva il ricorso è destituito di fondamento e deve essere respinto.
11. Le spese del giudizio possono essere integralmente compensate tra le parti, stante la complessità e la peculiarità delle questioni.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Dispone l’integrale compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 dicembre 2024 con l'intervento dei magistrati:
Concetta Anastasi, Presidente
Agatino Giuseppe Lanzafame, Referendario
Caterina Lauro, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Caterina Lauro Concetta Anastasi
IL SEGRETARIO
Nessun commento:
Posta un commento