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15 luglio 2025

Cassazione: risarcibilità dello stress lavorativo anche in assenza di prove di mobbing. Analisi dei vari aspetti giuridici, pratici e culturali coinvolti.

 

 

Cassazione: risarcibilità dello stress lavorativo anche in assenza di prove di mobbing. Analisi dei vari aspetti giuridici, pratici e culturali coinvolti.

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**Commento dettagliato sulla sentenza della Cassazione: risarcibilità dello stress lavorativo senza prove di mobbing**

La recente decisione della Corte di Cassazione rappresenta una svolta significativa nel diritto del lavoro e nella tutela della salute mentale dei lavoratori. Con questa sentenza, la Cassazione ha affermato che lo stress lavorativo può essere considerato risarcibile anche in assenza di prove di mobbing, segnando un passo avanti importante nella lotta contro le condizioni di disagio psicologico sul luogo di lavoro.

### 1. **La portata della decisione della Cassazione**

Tradizionalmente, il riconoscimento di un danno alla salute mentale in ambito lavorativo si fondava spesso sulla presenza di comportamenti persecutori o mobbizzanti dimostrabili, come vessazioni reiterate, pressioni indebite o condotte intimidatorie. La sentenza in esame rompe con questa logica, affermando che anche lo stress che deriva da condizioni lavorative insostenibili può essere risarcibile, anche senza la prova di un mobbing vero e proprio.

**Aspetti chiave:**
- La Corte si basa sulla valutazione dell’impatto psicologico del contesto lavorativo, non solo sugli atti specifici.
- Si riconosce che fattori come carichi di lavoro eccessivi, pressioni continue, mancanza di supporto e un clima aziendale negativo possono determinare uno stato di sofferenza psichica risarcibile.
- La sentenza apre quindi alla possibilità di considerare il danno da stress lavoro-correlato come un danno “diretto” e non necessariamente collegato a comportamenti persecutori.

### 2. **Il significato di “risarcibilità dello stress lavoro-correlato”**

Questo aspetto rappresenta un cambio di paradigma rispetto alla normativa precedente, che spesso richiedeva la prova di mobbing o di comportamenti persecutori per ottenere un risarcimento. Ora, si riconosce che:

- **Lo stress può essere causato da fattori organizzativi e ambientali**, non solo da atti specifici di molestia.
- La presenza di un ambiente di lavoro “tossico” o “insostenibile” può costituire causa di danno, anche senza elementi di mobbing.

### 3. **Il ruolo della prova e la valutazione del danno**

Se prima era necessario dimostrare con certezza la condotta persecutoria, ora la giurisprudenza si orienta verso una valutazione più flessibile, basata su:

- **La valutazione del contesto lavorativo**: testimonianze, analisi del clima aziendale, valutazioni mediche e psicologiche.
- **La presenza di sintomi clinici riconducibili allo stress**: diagnosi di disturbi psichici, certificazioni mediche, relazioni di specialisti.

Il principio fondamentale è che non è più sufficiente dimostrare che ci sono stati comportamenti mobbizzanti, ma anche che l’ambiente di lavoro ha causato un danno psichico.

### 4. **Implicazioni per i datori di lavoro: obblighi di prevenzione e monitoraggio**

La sentenza sottolinea che i datori di lavoro devono assumersi una responsabilità più ampia e preventiva, andando oltre il semplice “non mobbizzare”. **Il nuovo concetto di responsabilità** si basa su:

- **L’obbligo di monitorare costantemente il clima aziendale**: strumenti come questionari di soddisfazione, audit sul benessere organizzativo, controlli periodici.
- **La tutela della salute psicologica**: misure di supporto, formazione, sensibilizzazione dei dirigenti e dei dipendenti.
- **La prevenzione di ogni forma di disagio**: interventi per gestire carichi di lavoro, migliorare le relazioni tra colleghi, ridurre le pressioni eccessive.

In sostanza, i datori di lavoro devono sviluppare una cultura aziendale attenta alla salute mentale, creando ambienti di lavoro che favoriscano il benessere psicologico.

### 5. **Il nuovo concetto di responsabilità: “non mobbizzare” non basta più**

Il principio di “non mobbizzare” come unico parametro di responsabilità si rivolge ormai a un’ottica più preventiva e organizzativa. La responsabilità del datore di lavoro si amplia, includendo:

- **La gestione del rischio psicosociale**: valutazione e gestione dei fattori di rischio.
- **L’attuazione di politiche di prevenzione**: programmi di formazione, comunicazione interna, supporto psicologico.
- **La responsabilità oggettiva**: anche in assenza di comportamenti dolosi o negligenti specifici, il datore di lavoro può essere ritenuto responsabile se non ha adottato misure adeguate per prevenire il danno.

### 6. **Impatto pratico e culturale della sentenza**

Questa decisione rappresenta un’opportunità e una sfida:

- **Per le aziende**: l’obbligo di investire in cultura aziendale e in strumenti di monitoraggio del clima, per prevenire il disagio e ridurre i rischi legali.
- **Per i lavoratori**: una maggiore tutela e possibilità di tutela dei propri diritti anche senza dover dimostrare mobbing, ma solo lo stress correlato all’ambiente di lavoro.
- **Per il sistema giuridico**: un rafforzamento delle tutele, con un approccio più integrato e meno formalistico.

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**In conclusione**, questa sentenza della Cassazione segna un passo storico verso una più ampia e concreta tutela della salute mentale sul lavoro. Invita aziende, datori di lavoro e istituzioni a sviluppare una cultura preventiva che riconosca lo stress lavorativo come un danno risarcibile e a mettere in atto misure efficaci di monitoraggio e prevenzione, superando la logica della semplice assenza di mobbing.




 

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