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11 luglio 2025

La decisione della Corte di Cassazione n. 11771 del 5 maggio 2025 si inserisce in un quadro giuridico di grande rilevanza riguardante la promozione del lavoratore e la tutela del superminimo contrattuale. La pronuncia conferma un principio fondamentale: la clausola di non assorbimento del superminimo, prevista nell’accordo individuale, è valida ed efficace, e ciò ha importanti implicazioni per la tutela dei diritti economici del lavoratore.

 

La decisione della Corte di Cassazione n. 11771 del 5 maggio 2025 si inserisce in un quadro giuridico di grande rilevanza riguardante la promozione del lavoratore e la tutela del superminimo contrattuale. La pronuncia conferma un principio fondamentale: la clausola di non assorbimento del superminimo, prevista nell’accordo individuale, è valida ed efficace, e ciò ha importanti implicazioni per la tutela dei diritti economici del lavoratore.

 

**Punti chiave della pronuncia e loro significato:**

 

1. **Validità della clausola di non assorbimento del superminimo:** 

   La Corte ribadisce che le pattuizioni che prevedono la non assorbibilità del superminimo sono ammissibili e devono essere rispettate. Questo significa che, anche in presenza di successive variazioni contrattuali, il lavoratore mantiene il trattamento economico aggiuntivo, salvo specifiche eccezioni di legge o di contratto collettivo.

 

2. **Differenza tra aumento dei minimi tabellari e progressione economica:** 

   La decisione sottolinea che il superminimo può essere assorbito solo in caso di aumenti dei minimi tabellari, introdotti da legge o dal CCNL, e non quando si tratta di una progressione economica dovuta al passaggio di livello o a mutamenti nelle mansioni. 

  

   Questo distinguo è fondamentale: un aumento dei minimi tabellari rappresenta un incremento generale e strutturale della retribuzione, mentre la progressione economica legata al livello o alle mansioni risponde a dinamiche diverse, come l’anzianità o le nuove responsabilità, e non deve comportare la perdita del superminimo già riconosciuto.

 

3. **Implicazioni pratiche per i lavoratori:** 

   La sentenza tutela il lavoratore promozionato, impedendo che il nuovo inquadramento o la progressione di livello comportino automaticamente la perdita del trattamento economico accessorio (superminimo). La promozione, infatti, non può essere interpretata come un mero aumento dei minimi, ma come un miglioramento delle mansioni e della professionalità, che deve essere rispettato e non sacrificato dalla semplice applicazione di un meccanismo di assorbimento.

 

4. **Caso concreto:** 

   La vicenda riguardava un lavoratore di Amazon Italia Logistica S.r.l., che, dopo una promozione, aveva agito in giudizio per ottenere il riconoscimento del trattamento economico del II livello del CCNL Terziario. La pronuncia della Cassazione conferma la validità delle sue pretese, rafforzando la tutela in favore dei lavoratori promotori di azioni di questo tipo.

 

**In sintesi,** la decisione della Corte di Cassazione chiarisce e rafforza il principio che il superminimo, riconosciuto attraverso accordi individuali e con clausole di non assorbimento, deve essere preservato anche in caso di promozioni o passaggi di livello, salvo che si tratti di aumenti dei minimi tabellari legittimamente assorbibili. Tale orientamento tutela i diritti economici dei lavoratori e garantisce che le progressioni di carriera siano effettivamente riconosciute senza perdere i benefici economici acquisiti.

 

 

 

 

Cass. (ord.) 5 maggio 2025, n. 11771

Svolgimento del processo

1.la Corte di Appello di Milano, con la sentenza impugnata, in riforma della pronuncia di primo grado ha dichiarato, nei confronti di XXX XXX XXX Srl, il diritto del lavoratore in epigrafe al trattamento economico previsto per il II livello CCNL Terziario dal 1 febbraio 2015 e al corrispondente inquadramento dal 1 maggio 2015; ha dichiarato altresì “non assorbibile nelle differenze connesse al riconosciuto II livello quanto erogato da Xxx a titolo di superminimo”; ha condannato la società al pagamento delle relative differenze retributive quantificate in Euro 19.474,26;

2. la Corte, in estrema sintesi, dopo aver esaminato la contrattazione collettiva applicabile e valutato il compendio istruttorio, ha ritenuto che il “portato testimoniale ha, quindi, confermato lo svolgimento da parte di A.A., di compiti operativamente autonomi, con funzioni di coordinamento e di controllo così come previsto dalla declaratoria contrattuale contenuta nel CCNL di settore”, disattendendo anche l’eccezione della società secondo cui il livello rivendicato può essere riconosciuto solo all’Area Manager e dopo apposita formazione;

la Corte ha poi accolto l’appello del lavoratore anche in ordine al superminimo, argomentando, con riferimento anche a propri precedenti, che “l’espressa pattuizione individuale prevede l’assorbibilità solo in caso di futuri aumenti retributivi previsti dal CCNL o erogazioni ad personam ma non per l’ipotesi dedotta in atti del riconoscimento di un superiore livello contrattuale”;

3. per la cassazione di tale sentenza, ha proposto ricorso la società soccombente con quattro motivi; ha resistito con controricorso l’intimato, che ha anche depositato memoria;

all’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni;

Motivi della decisione

1.i motivi di ricorso possono essere sintetizzati come di seguito;

1.1. il primo denuncia: “Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti e connessa violazione e falsa applicazione degli articoli 2103 e 2697 Cod. Civ., 112, 115, 414 e 416 Cod. Proc. Civ e art. 100 del CCNL Terziario” (art. 360, nn. 3) e 5), Cod. Proc. Civ.)”; si critica la Corte territoriale per aver ritenuto non contestate talune circostanze e si eccepisce che avrebbe trascurato un insieme di “fatti decisivi”;

1.2. il secondo motivo denuncia: “Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti e connessa violazione e falsa applicazione degli articoli 2103 e 2697 Cod. Civ., 115 Cod. Proc. Civ e art. 100 del CCNL Terziario” (art. 360, nn. 3) e 5), Cod. Proc. Civ.)”; si critica diffusamente la sentenza impugnata per aver riconosciuto all’istante il superiore inquadramento di II livello;

1.3. il terzo motivo denuncia: “Violazione e falsa applicazione degli articoli 1362, 2099 e 2103 Cod. Civ. e 113 del CCNL Terziario” (art. 360, n. 3) Cod. Proc. Civ.)”; si contesta la negazione dell’assorbimento del superminimo operata dai giudici d’appello;

1.4. il quarto motivo, subordinatamente al precedente, denuncia: “Violazione e falsa applicazione degli articoli 1362, 1365, 1367 e 1371 Cod. Civ.” (art. 360, n. 3) Cod. Proc. Civ.)”; si deduce che “dal tenore degli accordi intercorsi e dal comportamento delle parti” emergeva che “il superminimo in esame era assorbibile anche in caso di aumento dei minimi dovuto all’assegnazione del superiore livello di inquadramento”; la Corte territoriale, poi, avrebbe omesso di considerare che l’assorbimento del superminimo nei miglioramenti retributivi è un principio generale, sicché occorre una specifica previsione delle parti per escluderne l’operatività e non per consentirla;

2. il ricorso non può trovare accoglimento;

2.1. il primo e il secondo motivo possono essere esaminati congiuntamente in quanto criticano diffusamente e sotto vari profili la sentenza impugnata per avere riconosciuto al lavoratore il superiore inquadramento rivendicato;

gli stessi presentano concorrenti profili di inammissibilità;

innanzitutto – come già ritenuto per analogo ricorso (cfr. Cass. n. 24350 del 2022) – la formulazione dei motivi contiene promiscuamente la contemporanea deduzione di violazione di plurime disposizioni di legge, sostanziale e processuale, oltre che di contratto collettivo, nonché la denuncia di omesso esame di fatto decisivo, senza adeguata indicazione di quale errore, tra quelli dedotti, sia riferibile ai singoli vizi che devono essere riconducibili ad uno di quelli tipicamente indicati dal comma 1 dell’art. 360 c.p.c., così non consentendo a questo Collegio una corretta identificazione del devolutum e dando luogo, invece, all’impossibile convivenza, in seno al medesimo motivo di ricorso, “di censure caratterizzate da… irredimibile eterogeneità” (Cass. SS.UU. n. 26242 del 2014; cfr. anche Cass. SS.UU. n. 17931 del 2013; conf. Cass. n. 14317 del 2016; tra le più recenti: Cass. n. 3141 del 2019, Cass. n. 13657 del 2019; Cass. n. 18558 del 2019; Cass. n. 18560 del 2019; da ultimo: Cass. n. 36881 del 2021);

inoltre, deducono il vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. al di fuori dei limiti posti dalle Sezioni unite (cfr. Cass. SS.UU. nn. 8053 e 8054 del 2014); in particolare, si indica una molteplicità di fatti che sarebbero stati trascurati dalla Corte di Appello che, anche per la loro pluralità, non hanno il necessario carattere della decisività, nel senso inteso da questa Corte secondo cui è fatto decisivo quello che, se fosse stato esaminato, avrebbe portato ad una soluzione diversa della vertenza con un giudizio di certezza e non di mera probabilità (v., tra molte, Cass. SS.UU. n. 3670 del 2015 e n. 14477 del 2015); si è così sancita l’inammissibilità di censure innanzi a questa Corte che evochino una moltitudine di fatti e circostanze lamentandone il mancato esame o valutazione da parte della Corte di Appello, così chiamando “fatto decisivo”, indebitamente trascurato, il vario insieme dei materiali di causa (Cass. n. 21439 del 2015);

quanto poi all’operatività del principio di non contestazione è appena il caso di rammentare che, nel vigore del novellato art. 115 c.p.c., a mente del quale la mancata contestazione specifica di circostanze di fatto produce l’effetto della relevatio ad onere probandi, spetta al giudice del merito apprezzare, nell’ambito del giudizio di fatto al medesimo riservato, l’esistenza ed il valore di una condotta di non contestazione dei fatti rilevanti, allegati dalla controparte (Cass. n. 3680 del 2019; Cass. n. 3126 del 2019);

in definitiva, con le censure in scrutinio, solo formalmente di lamenta la violazione o falsa applicazione di norme di legge o di contratto collettivo ma, nella sostanza, si contesta inammissibilmente l’apprezzamento di circostanze fattuali e la valutazione delle risultanze istruttorie;

2.2. gli altri due motivi vanno delibati congiuntamente perché riguardano l’esclusione dell’assorbimento del superminimo dichiarata dalla Corte territoriale;

2.2.1. opportuno premettere in diritto che il cosiddetto superminimo, ossia l’eccedenza retributiva rispetto ai minimi tabellari, individualmente pattuito tra datore di lavoro e lavoratore, è soggetto al principio dell’assorbimento, nel senso che, in caso di riconoscimento del diritto del lavoratore a superiore qualifica, l’emolumento è assorbito dai miglioramenti retributivi previsti per la qualifica superiore, a meno che le parti abbiano convenuto diversamente o la contrattazione collettiva abbia altrimenti disposto, restando a carico del lavoratore l’onere di provare la sussistenza del titolo che autorizza il mantenimento del superminimo, escludendone l’assorbimento (Cass. n. 20617 del 2018; Cass. n. 19750 del 2008; Cass. n. 12788 del 2004; Cass. n. 8498 del 1999);

l’indagine probatoria sulla sussistenza di dette pattuizioni e quella ermeneutica sulla loro effettiva portata derogatoria alla regola generale dell’assorbimento sono riservate al giudice del merito (in termini, Cass. n. 2984 del 1998, che in motivazione richiama Cass. n. 1347 del 1984; più di recente Cass. n. 10779 del 2020, Cass. n. 15967 del 2020, Cass. n. 10561 del 2021);

proprio in ossequio al generale principio per cui ogni interpretazione di atti negoziali è riservata all’esclusiva competenza del giudice che ne ha il dominio (cfr. Cass. n. 9070 del 2013; Cass. n. 17067 del 2007; Cass. n. 11756 del 2006), con una operazione che si sostanzia in un accertamento di fatto, soggetto quindi, nel giudizio di cassazione, ad un sindacato limitato (ex plurimis, Cass. n. 4851 del 2009; Cass. n. 3187 del 2009; Cass. n. 15339 del 2008; Cass. n. 11756 del 2006; Cass. n. 6724 del 2003; Cass. n. 17427 del 2003), sia la denuncia della violazione delle regole di ermeneutica, sia la denuncia del vizio di motivazione esigono una specifica indicazione – ossia la precisazione del modo attraverso il quale si è realizzata l’anzidetta violazione e delle ragioni della obiettiva deficienza e contraddittorietà del ragionamento del giudice di merito – non potendo le censure risolversi, in contrasto con l’interpretazione loro attribuita, nella mera contrapposizione di una interpretazione diversa da quella criticata (tra le innumerevoli: Cass. n. 18375 del 2006; Cass. n. 12468 del 2004; Cass. n. 22979 del 2004, Cass. n. 7740 del 2003; Cass. n. 12366 del 2002; Cass. n. 11053 del 2000);

2.2.2. ciò premesso, le censure proposte dai motivi in esame risultano inammissibili in quanto volte a criticare una interpretazione della volontà negoziale in ordine alla sussistenza di pattuizioni che derogassero alla regola generale dell’assorbimento, mediante un’esegesi meramente contrappositiva rispetto a quella fatta propria dalla sentenza impugnata;

la Corte territoriale, facendo anche riferimento a propri precedenti, ha ritenuto che le previsioni contenute nella lettera di conferimento del superminimo, sostanzialmente replicanti quelle presenti nella lettera di assunzione, col limitare l’assorbimento del superminimo ai soli aumenti dei minimi tabellari riferiti ad eventuali futuri aumenti degli stessi minimi, escludessero l’assorbimento retributivo discendente invece dall’aumento derivante da un superiore inquadramento professionale;

trattasi di un’interpretazione di cui non viene dimostrata l’implausibilità e che appare rispettosa dei criteri ermeneutici invocati dalla stessa ricorrente, avendo i giudici d’appello evidentemente considerato che la previsione specifica di un’ipotesi di assorbimento significasse esclusione di ogni altra ipotesi;

è stata cioè interpretata restrittivamente la previsione secondo cui il superminimo sarebbe assorbibile soltanto nell’eventuale futuro aumento dei minimi tabellari introdotto da disposizioni di legge o dal CCNL, mentre la progressione economica dovuta al passaggio di livello non configurava ipotesi di mero aumento dei minimi ma era dovuta ad una diversa dinamica salariale legata all’esercizio delle mansioni ed all’anzianità di servizio;

l’esegesi appare anche conforme al criterio finale di conservazione del contratto, mentre la tesi sostenuta dalla ricorrente renderebbe pleonastica la speciale regolamentazione stabilita dalle parti, finendo per contraddire il principio stabilito dall’art. 1367 c.c. secondo cui nel dubbio le clausole devono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno;

3. pertanto, il ricorso deve essere respinto nel suo complesso, con spese che seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo;

ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre altresì dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020);

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 3.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, accessori secondo legge e rimborso spese forfettario nella misura del 15%.

Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, D.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.

 

 

 

 

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