Cassazione 2025- la decisione della Corte di Cassazione n. °°°° del 2025 affronta un aspetto centrale della tutela del lavoratore in relazione alla dimostrazione di condotte vessatorie o mobbistiche sul luogo di lavoro. La pronuncia si inserisce nel quadro della giurisprudenza consolidata che richiede al lavoratore di fornire elementi concreti e circostanziati per poter affermare l’esistenza di condotte di mobbing o straining, e allo stesso tempo chiarisce alcune conseguenze di natura probatoria legate alla conoscenza pregressa del lavoratore circa le condizioni di lavoro.
**Punti chiave del commento:**
1. **Principio di buona fede e consapevolezza del lavoratore**
La decisione sottolinea che un lavoratore che è a conoscenza del peso e della difficoltà delle proprie mansioni, e che quindi conosce le condizioni di lavoro e il contesto in cui opera, non può successivamente sostenere di essere stato vittima di condotte vessatorie o mobbistiche. Questo principio si basa sulla logica che la conoscenza delle condizioni lavorative, se accompagnata da un comportamento di accettazione o di mancata contestazione, può precludere l’eccezione di comportamenti vessatori successivamente sostenuti.
2. **Efficacia probatoria della consapevolezza**
La decisione evidenzia come la conoscenza effettiva delle condizioni di lavoro rappresenti un elemento di prova importante, che può influire sulla valutazione della fondatezza di un’eventuale domanda di mobbing. Se il lavoratore, infatti, ha già compreso la natura e la difficoltà del suo incarico, la sua successiva denuncia di vessazioni può risultare meno credibile o può essere interpretata come tardiva, se non supportata da altri elementi.
3. **Impatto sulla tutela del lavoratore**
Tuttavia, il pronunciamento non intende ridurre la tutela del lavoratore, ma piuttosto chiarire i limiti della sua possibilità di agire, precisando che la consapevolezza pregressa può incidere sulla prova di condotte vessatorie, soprattutto se tali condotte sono state esercitate in modo continuativo e consapevole. Ciò significa che, anche in presenza di una conoscenza delle difficoltà, resta possibile agire in giudizio, ma la prova deve essere rafforzata da elementi più robusti.
4. **Riflessione sulla corretta gestione del rapporto di lavoro**
Il commento può anche suggerire che il datore di lavoro, nel momento in cui instaurano condotte che possano creare un ambiente vessatorio, devono considerare che il lavoratore potrebbe essere consapevole delle difficoltà e, di conseguenza, agire di conseguenza. La corretta gestione delle relazioni di lavoro implica la trasparenza e la tutela reciproca, affinché il lavoratore non si trovi in condizioni di dover contestare successivamente comportamenti che egli stesso ha già compreso e accettato.
**Conclusioni:**
La pronuncia della Cassazione n. °°°° del 2025 rappresenta un’importante chiarificazione circa la rilevanza della conoscenza del lavoratore delle proprie condizioni di lavoro in relazione alla prova di eventuali condotte di mobbing. La conoscenza del peso e della difficoltà dell’adempimento lavorativo può costituire un elemento che limita la possibilità del lavoratore di successivamente eccepire vessazioni, a meno che non dimostri che le condotte vessatorie sono state esercitate in modo diverso o più grave di quanto già noto. La sentenza rafforza, dunque, l’importanza dell’onere della prova e della buona fede nel contesto delle controversie di lavoro relative alle condotte vessatorie.
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